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ABBIAMO LE PROVE: I LEGHISTI SONO ORIGINARI ANCHE DI MILAZZO!

salviniMIGLIO, BOSSI, CALDEROLI, SALVINI E ZAIA SONO MERIDIONALI! ADDIRITTURA DI MILAZZO! FORSE SONO ANCHE PARENTI VOSTRI! NON CI CREDETE? LEGGETE !!!

Ebbene sì, cari amici lettori. E’ la sacrosanta verità! Un po’ come gli americani, figli di emigranti partiti anche oltre un secolo prima dall’Italia, che conservano il cognome (qualcuno lo ha storpiato nella trascrizione) ma sempre italiani sono! Solo i nomi sono diversi: Giuseppe si chiama Joe, mentre Giovanni è John, Maria si chiama Mary, Frank sta per Francesco, e così via. Non parlano più l’italiano, ma il dialetto originario, altrimenti una specie di lingua mista fra l’americano imbastardito e il calabrese, il napoletano, il siciliano, l’abruzzese. Anche al Nord l’immigrazione ha fatto la sua parte, e dopo oltre mezzo secolo i meridionali, saliti al potere, non vogliono altri immigrati perché altrimenti fanno confusione: prima bisogna smaltire quelli che ci sono, i quali hanno pensato bene di cambiare il cognome per mimetizzarsi: Calderoli infatti viene da Calderone (la prova l’ho avuta scrivendo la parola al computer, c’è stata la correzione automatica, provare per credere!) originario di Santa Lucia del Mela e parente lontano di Petrazza e di Zombi alias Spasciaseggi che lavorava al Comune. Bossi invece vanta nobili origini a Santo Pietro: un parente si chiama Enzo! Lui ha messo la “i” finale al proprio cognome per evitare di essere scambiato per l’altro. E Zaia, ex ministro leghista, dove lo mettiamo? La Z è stata preferita alla S, come se fosse il segno di Zorro. Infatti i suoi antenati andarono al Nord con il cognome di Saìa, ma qualche impiegato dell’anagrafe sbagliò la trascrizione, bestia che non era altro, e scrisse la Z al posto della S, trasformando il cognome! Che dall’originario Saìa divenne Saia, con lo spostamento anche dell’accento, e poi ZAIA! Le prove non vi bastano? Secondo voi da dove proviene Mario Borghezio? Da Merì, il suo cognome originale era Borghese, mentre il vecchio ideologo, si chiamava Miglio, vero? Così pensate voi, ma niente di più falso: era una contrazione dell’originario cognome, e rimettendo al suo posto il LO che precedeva quello rimasto, si ha la dimostrazione chiara che si tratta di un vecchio parente del barone Lo Miglio e del nostro amico Pietro! E ancora l’attuale leader, che cerca consensi al Sud, dove giocherà la carta per anni tenuta segreta ma scovata da noi di TERMINAL? Le sue origini milazzesi. Matteo SALVINI, infatti, ha reso plurale il suo cognome originario, che era SALVINO. Così come si usa al Nord! A parte i nomi propri, per l’appunto Salvino, derivazione di Salvatore e preferito al solito Totò o Totuccio, qui in città abbiamo un certo Vittorio, che di cognome fa SALVINO. E volete scommettere che l’altro Matteo, che non è quello del vecchio forno di via del Sole, ma il capo della Lega, per raccogliere consensi o presentare una lista al Sud ha cercato Ragusi ignorando il lontano parente? Il quale, da parte sua, sarà fiero di questa nobile e altolocata parentela, perché non è cosa di tutti i giorni scovare nell’albero genealogico un parente importante, che potrebbe governare un giorno non lontano! In quanto al resto, adesso vi fornisco una prova inoppugnabile, a dimostrazione che i meridionali hanno messo radici al Nord, e comandano, proprio perché, come si usa dire (anche al Nord) il comandare è meglio di qualche altra cosa! Qualche anno fa in un paesino governato dalla Lega, un poveraccio del Sud, siciliano della provincia di Catania, analfabeta, voleva fare l’albero di Natale, ma non aveva soldi per comprarlo. Si rivolse all’Ufficio Assistenza del Comune. Spiegò le sue esigenze ad un’impiegata, la quale, mossa a compassione, gli scrisse su un foglio di carta “Recarsi all’Ufficio competente per farsi fare un buono per un albero di Natale”. Non spiegò nel dettaglio che si poteva trattare di un abete, di un pino, solo di un albero di Natale. Il poveraccio, contento perché credeva di aver raggiunto il suo obiettivo, cominciò a girare di stanza in stanza, cercando “l’ufficio competente” e facendo leggere quello che era stato scritto sul foglio, per l’appunto “Farsi fare un buono per un albero di Natale”. Ma i vari impiegati, incompetenti in materia, lo rimpallavano da un piano all’altro. Quello, stanco di fare leggere agli altri lo scritto del foglietto, che denunciava senza mezzi termini il suo analfabetismo, pensò di chiedere direttamente. Fino a quando qualcuno, polentone, che voleva “bagnarsi il pane” pensando che i meridionali abbiano tutti “le orecchie calate”, lo indirizzò nella stanza del Primo Cittadino. L’anticamera fu brevissima, poiché il Sindaco era stato informato che un siciliano aveva bisogno di lui, e solo lui avrebbe potuto soddisfare le sue richieste. L’uomo entrò. Emozionatissimo, cercò di esprimersi al meglio che poteva, ma non seppe rinunciare al suo siciliano: “E’ lei chi m’havi a ffari un bonu p’un pinu?”. Il Sindaco che capiva benissimo la lingua perché era originario di un paesino della provincia di Catania (prova inconfutabile della scalata al potere dei siciliani!), con un sorriso gli fece cenno di avvicinarsi. Lo fece accomodare, e mettendolo a suo agio (solidarietà meridionale, altra prova a nostro carico!) gli rispose: “’mbari, ccià ddiri ’o cunnùtu ca ti mannàu unni mia ca l’ùttimu mu fici so soru”. Dispose quindi che il suo conterraneo avesse l’albero di Natale. Servono altre prove?

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