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CHI RICORDA LA PECE A PONENTE?

PECE SOTTO I PIEDIUN RICORDO DI MAURO INSINGA, CHE CI SPIEGA ANCHE LA PROVENIENZA… 
Chi come me ha già superato i cinquant’anni ricorderà i giorni estivi trascorsi al mare nella nostra riviera di Ponente (dagli anni 60 a circa venti anni fa) quando puntualmente ci si macchiava il costume o la tovaglia da mare con l’immancabile pece. Era la nostra piaga di Ponente che non risparmiava nessuno; bisognava fare la gimcana scansandola per arrivare alla battigia e a fine giornata, se andava bene, si tornava a casa soltanto con i piedi macchiati. Nelle borse delle mamme c’era la bottiglietta di trielina o di olio per togliere alla meno peggio quelle brutte macchie di nero sui corpi o sui costumi dei propri figli. Il nostro abbronzante dell’epoca era usato più come smacchiatore che per il suo giusto scopo. Io personalmente per togliere la pece dai piedi usavo le pietre di pomice più grandi. Negli anni 70 “Del Bono Sport” fornì mezza Milazzo, pagando s’intende, dei rinomati costumi Speedo in tutte le fantasie di colore possibili ed immaginabili che puntualmente si sarebbero rovinati al primo bagno a Ponente. Era l’epoca in cui il nostro mare di Ponente, per via delle correnti, ci restituiva tutto quello che su di esso galleggiava: la pomice di Lipari (adesso scomparsa per la chiusura della fabbrica), le bottiglie di vetro (adesso sostituite da quelle di plastica), la solita pece e… la spazzatura. Nelle giornate in cui il mare era molto agitato era normale vedere galleggiare a pochi metri di distanza della battigia isolotti composti da questi materiali, che inesorabilmente venivano depositati sulla spiaggia dalle onde. Sulla pece o catrame che tanto ci ha dato fastidio vorrei spendere qualche parola. Vi siete mai chiesti da dove veniva? Avete fatto caso che da circa 15/20 anni non esiste più? Vi siete chiesti perché? Purtroppo negli anni sessanta/settanta i problemi ambientali sono stati molto sottovalutati perché, forse, si pensava che la nostra Terra era così grande da sopportare tutte le “angherie” che l’uomo gli procurava. Nella nostra città si decise di aprire una Raffineria e per l’epoca (eravamo in piena espansione industriale) sembrò una scelta giusta per l’enorme ritorno occupazionale e commerciale dell’intero comprensorio. Penso che lo sia tuttora a patto che tutti noi sapremo trovare il giusto equilibrio tra industria e salute. Ritornando alla pece, negli anni in questione molti comandanti e armatori senza scrupoli, per guadagnare tempo nelle operazioni di carico ai pontili della Raffineria, scaricavano l’acqua contenuta nelle stive delle navi prima di arrivare nella baia di Milazzo. Le petroliere, per non spezzarsi durante la loro navigazione, devono sempre viaggiare cariche o di prodotto o di acqua: per cui le cisterne della nave erano sporche di petrolio grezzo (la pece) che mischiato all’acqua e scaricato a mare, galleggiando, arrivava nelle nostre belle spiagge. Adesso le normative sono molto severe, i percorsi e le operazioni in navigazione delle petroliere sono controllate anche dai satelliti, ed esse da anni sono obbligate a scaricare l’acqua di zavorra in Raffineria (che la tratta adeguatamente) prima di caricare altri prodotti. Ho voluto citare questo caso della scomparsa della pece a Milazzo perché esso è uno dei tanti esempi positivi (magari in seguito ve ne dirò altri) in cui le leggi sulle problematiche ambientali e la Raffineria di Milazzo hanno fatto qualcosa per evitare ulteriori danni e disagi alla popolazione locale.

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