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MARZO, APRIAMO IL MESE CON LA SATIRA POLITICA!

IL RITORNO DI BERSANI COME PROTAGONISTA DELLA SCENA POLITICA MI RICORDA CHE SU TERMINAL DI MARZO 2013, IN OCCASIONE DELLE ELEZIONI POLITICHE, AVEVAMO DATO VITA AD UNA DISCUSSIONE FRA UN CITTADINO E LO STESSO BERSANI, CON CROCETTA AD ASSISTERE E SUGGERIRE… ECCOLO, PER SORRIDERE UN PO’ (MA SOLO SE CI RIUSCITE…)

(da TERMINAL n. 3 – marzo 2013)

Mi si perdoni l’accostamento irriverente, ma la foto di Bersani mi ha dato l’impressione del Cristo Pantocratore, ossia quella raffigurazione di Gesù tipica dell’arte bizantina e medievale, ritratto in atteggiamento maestoso e severo. Chi è andato a Monreale ne sa qualcosa: il Cristo Pantocrator ti guarda sempre, ovunque ti trovi, e se fai capolino da dietro una colonna, come se volessi sfuggirgli, Lui è sempre lì, intento a guardarti. Non ti ha perso di vista, e questo ti fa riflettere. Solo allora capisci che, in fondo, sei ben poca cosa di fronte a Lui!

Ecco, forse mi sono spinto un po’ troppo nel paragone, citando Bersani. Che sia proprio lui a farci capire che siamo “BEN POCA COSA” in effetti è esagerato! Ma se avete la possibilità ci trovare (se non lo hanno coperto…) uno dei manifesti del segretario del PD in questa ultima campagna elettorale, capirete che il vostro eroe (non certo il mio…) vi osserva, ovunque voi siate. UNDI VOLI ARRIVARI CHISTU… sento già i vostri commenti, che fanno eco alla vostra curiosità. Già, undi vogghiu arrivari… presto detto: Bersani mi ha osservato, mi ha ammonito, mi ha scrutato, mi ha seguito… ha ragione Grillo! Mi è sembrato uno stalker… Mi ha fatto anche paura… al punto che gli ho anche risposto… non a lui… alla sua immagine, sul manifesto. E’ successo qualche giorno prima delle elezioni, alle spalle del Mulino Lo Presti, la strada che conduce al porto, la via Birago. Avevo parcheggiato l’auto in divieto (ammetto la mia colpa…ma a mia giustificazione dichiaro subito che ce n’erano altre…), apro lo sportello e mi trovo quattro, cinque, dieci manifesti di Bersani, con lo sguardo severo e sotto la frase “L’ITALIA GIUSTA”. Che, letta in dialetto e con un tono diverso, potrebbe suonare così: GGIUSTA L’ITALIA! L’ho guardato come per dire: Chi cazzu voli chistu? A mmia mi dici “L’Italia ggiusta?” E picchì, a spascià iò? Stavo per andarmene, ma lui lì… E sempre a dire “L’ITALIA GGIUSTA”, con due G, per richiamarmi al dovere di aggiustare qualcosa che avevo rotto…Torno indietro, se mi avesse visto qualcuno mi avrebbe preso per pazzo, e gli rispondo: “Compagno, vidi chi iò misi a machina supra u macciapedi… semmai pozzu ggiustari u macciapedi, ma prima ’i mia ’ndi ’nchianàru miliùni màchini! … Ma non l’Italia!”. Quello, come se non avesse capito, continuava a guardarmi, al punto che… sì, lo so, gli ho risposto male… “Ma chi cazzu vaddi ancora?”. E ho proseguito. Più avanti, un tizio, con un megafono (sempre un manifesto) con il dito davanti alla bocca mi faceva cenno di futtirimmìndi! Mi sono sentito incoraggiato.Minchia, Presidenti… Lei sì chi mi capisci… Chistu fa finta c’u sicilianu n’o capisci… e vurrìa ’ggiustata l’Italia ’i mia! Havi raggiùni Lei, Presidenti… Mi stàiu mutu… levu l’occasioni! Parràri cu iddu è comu parràri cu muru… Poi dici chi unu ’u manda a fari ’nto culu! Spittassi cincu minuti, u tempo ’i ’ntràsiri ’nta banca prima mi chiùdunu e ritonnu…”. Appena uscito, erano sempre là, tutti e due, padroni di quel muro cadente del Mulino Lo Presti, rinforzato dai pannelli elettorali. “Eccomi, Presidente… tutto fatto. Non ciù facèmu capìri a chiddu chi pigghià i soddi pi paguri ’i bulletti chi mandò u cumùni… sinnù cumincia di novu: GGIUSTA L’ITALIA! Ma picchì non pensunu mi giustuni sti stradi, chi sunnu chini ’i puttùsa! Sì, presidenti. Comu dici vossia cu ddu ìritu… Non parru cchiù. Sicilianu sugnu!! Nenti sacciu!”

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