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PACE DEL MELA, CON “IL CIRCO DELLE MERAVIGLIE” SI CHIUDE IN BELLEZZA

di Rita Chillemi

Si è conclusa, sabato 8 Aprile, la stagione teatrale per la prosa a Pace del Mela con “IL CIRCO DELLE MERAVIGLIE” ed è stata una conclusione degna di una stagione che ha visto sul palco dell’Auditorium della cittadina del Mela, rappresentazioni di grande pregio e attori di successo.

IL CIRCO DELLE MERAVIGLIE, lavoro teatrale con la regia di Fabio La Rosa rappresenta uno spaccato dell’Esistenza, vissuto in una clinica psichiatrica dove il regista-attore, nei panni di uno psichiatra, viene mandato ad assistere persone che vivono in un immaginario proprio, con sprazzi di convinta felicità… finché qualche nota stridente non risveglia la terribile realtà vissuta. Ho dovuto trovare il coraggio di vedere lo spettacolo sino all‘ultimo, non certo perché non lo apprezzassi, ma perché troppo vero, troppo crudo nella disamina della logica del “male di vivere”. Quel circo delle meraviglie è stato un labirinto di dolori vissuti e straripati nel fiume della follia… fiumi che solo l’amore può arginare.

La regia di Fabio La Rosa è stata davvero sublime nella sua carrellata di tipologie umane, di piaghe, che il caso, la società, l’uomo stesso infligge alla propria esistenza. Il desiderio di amore è il massimo comune denominatore del tradimento, dell’abbandono, della morte prematura, della violenza, del rifiuto, del “per noi diverso”, del disprezzo; tutti fattori che mi hanno riportato alla visione di Leopardi:

Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E’ funesto a chi nasce il dì natale.

  • Canto notturno di un pastore errante per l‘Asia

Ecco: nel lavoro teatrale di La Rosa le ali di Leopardi sono la FOLLIA… Il regista valica la visione nichilista della follia pirandelliana, perché nella frantumazione del reale l‘essenza vera, generata dal dolore, trova un’ancora di salvezza nell’amore. La forza dell‘interpretazione, la bravura degli attori tutti, sicuramente è stata trasmessa dalla forza espressiva della lingua siciliana. Il testo è scritto, per buona parte, in dialetto siciliano… e più volte detti e proverbi fedelmente espressi dai bravissimi attori, “ficiro rizzari i carni e ficiro sentiri u cori quantu un filu di capiddu“.

Ripeto gli attori tutti hanno dato il massimo dell‘interpretazione e della mimica drammatica, ma la FOLLIA, tanto soffocata nel quotidiano nelle lacrime ingoiate e nell’ardua forza di vivere, interpretata da Emanuela Tittocchia, è stata una sublime rappresentazione della VITA.

Tante grazie e un plauso speciale al regista, attore e direttore artistico della compagnia “Grammelot” e fautore della rassegna dialettale del teatro del Mela, agli attori tutti che con una vis drammatica coinvolgente e sorprendente hanno portato sulla scena “personaggi” dal travolgente pathos e dal candore commovente.

 

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