Come tutti o quasi i ragazzi dell’epoca, anche io praticavo uno sport. Alle scuole elementari, alla fine dell’anno si teneva il saggio ginnico, con decine e decine di ragazzi allineati nell’atrio in terra battuta, a svolgere esercizi a corpo libero che erano stati mandati giù a memoria.
Poichè dalla quinta elementare portai gli occhiali, non mi fu possibile giocare a calcio, perché senza occhiali non vedevo la palla. E l’unica volta, che, alunno della scuola media, mi iscrissi, all’insaputa dei miei genitori, alla scuola di calcio, tornai a casa con un cristallo rotto, per una pallonata!
Provai a cimentarmi, in estate, nelle gare di nuoto. Lo feci perché era l’unico modo per fare il bagno alla piscina del Lido Azzurro, e per noi era una novità assoluta. Grazie ad una convenzione stipulata con le società sportive, il proprietario ci permetteva di entrare senza pagare, mattina e pomeriggio, per allenarci.
Mi cimentai nel dorso, 50 metri, e vinsi! Ero solo… Disputai altre due gare, e giunsi secondo e terzo. Eravamo in due e poi in tre! Questione di allenamento, ma la cosa non mi interessava; però quell’esperienza natatoria servì a farmi affibbiare il soprannome che mi accompagnò per sempre, Balena. Toccavo il bordo della piscina, all’arrivo, spruzzando l’acqua dalla bocca. Era un soprannome simpatico, che cercai di … onorare imparando ad andare sott’acqua, sopportare anche cento calate consecutive, emergere spruzzando chi mi stava vicino. Lo utilizzai come nome d’arte e servì ad indicare anche i miei fratelli, negli anni della scuola!
Fui reclutato, in IV Ginnasio, dalla Polisportiva Nino Romano.
“La sai fare la marcia?” mi chiese Buby Nastasi, fratello di Nino ed Elio. Mi fece vedere come avrei dovuto fare, e cominciai a percorrere il bordo esterno del campo tracciato nella palestra coperta della scuola elementare, cercando di aumentare il passo e di tenere rigide le gambe. Fu il mio ingresso nell’atletica leggera, con un unico impianto a Messina, nel vecchio campo della G.I., l’ex GIL. Una denominazione poco chiara per noi, che dovevamo chiedere il significato dell’acronimo, che aveva perso la L della definizione originaria, e che stava per Littorio. Gioventù Italiana del Littorio era dunque definito il campo in terra battuta rossa (tennisolite) prima di subire, nell’immediato dopoguerra, la perdita di quella consonante, divenuta improvvisamente scomoda! A Messina le società affiliate alla FIDAL erano la Polisportiva Messina, il Cus, gruppo universitario; l’U.S. Peloro e i Vigili Fuoco Messina. Per queste c’era a disposizione il vecchio ex GIL, con la sua pista di 267 metri anziché 400, con centinaia di ragazzi che si allenavano, nonostante le ristrettezze… non solo economiche. Per gli altri, quelli della provincia, c’erano i cortili delle scuole, i campi sportivi o i greti dei torrenti: l’Amatori a Barcellona, sodalizio fondato da Nino Alberti, e la nostra Pol. Nino Romano a Milazzo, il cui fondatore fu un professore di educazione fisica di nobile origini, Lorenzo D’Ondes Lucifero, che alla passione per lo sport affiancava quello per le sigarette Alfa. Per il resto, non c’era altro!
Il mio esordio avvenne ben 60 anni fa, il 23 maggio 1965, nella 4 chilometri di marcia vinta da Filippo Assenzio davanti a Renato Filetti, entrambi della Peloro. Partimmo alla volta di Messina ed ancora ricordo i nomi degli atleti: ci accompagnava Nino Nastasi, e facevano parte della Nino Romano Pino Soldino (80 piani), Stefano Sottile (250 piani), Elio Nastasi (600 piani), Salvatore Russo (1200 piani), Aldo Talotta (80 ostacoli), Pippo Gitto (salto in lungo, che quel giorno fece il primato provinciale), Francesco Bonaccorsi (getto del peso), Aldo Romagnolo (lacio del disco), Santino Ullo (lancio del giavellotto), Salvino Paci (marcia km 4). Da Patti ci raggiunse Dario Lusso, che vinse con un solo salto la gara di salto in alto, si rivestì e andò di corsa in stazione a riprendere il treno! Aveva fatto anche il nuovo primato provinciale!
Ero il più piccolo dei concorrenti con i miei 14 anni e gareggiavo con atleti più grandi di me. Lottai strenuamente per non giungere all’ultimo posto ma nel corso della stagione migliorai di oltre due minuti il tempo realizzato nella prima gara, e l’anno successivo divenni campione provinciale stabilendo anche la migliore prestazione provinciale poichè mi allenavo sulla pista a Messina.
In quel 1966 avvenne la fusione, al di là di qualsiasi sterile contrapposizione campanilistica, tra l’Amatori Barcellona e la Polisportiva Nino Romano di Milazzo, ed anche se in essa confluirono tutti gli atleti della vicina Barcellona, la nuova società si chiamò Pol. Nino Romano. Non ci furono più avversari in grado di impensierire quel numeroso stuolo di atleti animati solo dalla voglia di vincere, e di titoli ne vinsero tanti, ma apparve subito evidente che non si poteva continuare a praticare atletica senza impianti, e le olimpiadi messicane del 1968 ci avevano messo a contatto con i record, le nuove piste di materiale sintetico (tartan e rubkor) e la facilità con cui gli atleti africani si sarebbero imposti in futuro.
Nino Alberti, vulcanico ed estroverso personaggio che quelli della mia generazione hanno conosciuto ed apprezzato per le sue innate capacità organizzative, per la sua carica di entusiasmo e di esuberanza, per la voglia di essere sempre tra i primi a portare innovazioni, lasciò la Nino Romano e fondò la Pol. Fiamma Tirrenica Barcellona. Aveva scelto un gruppo sportivo fra i più poveri, almeno per quanto riguardava l’erogazione di contributi. Dopo Barcellona, era la volta di Milazzo: nel mese di giugno 1972, nella casa di Nino Alberti, ad Olivarella, fondammo la Fiamma Atletica Milazzo. Ne divenni il primo ed unico presidente, ed avremmo dovuto operare solo nel settore giovanile, ossia fino all’età di 15 anni. Ci siamo messi subito in moto, con una ventina di atleti, per potere coprire le specialità della categoria Ragazzi. L’esordio, sempre all’Ex GIL vide un nugolo di ragazzini con le canottiere bianche e rosse, a righe. Ne erano state acquistate 28 il giovedì precedente al mercato, a San Papino, ognuna al prezzo di 500 lire! Una cifra, all’epoca.
La Fiamma Milazzo, ossia la mia società, sarebbe diventata una realtà, con diverse centinaia di tesserati, nell’arco di un paio di anni, che sognavano di imporsi in campo nazionale. Molti ci sarebbero riusciti… Per me. l’addio definitivo ad una promettente carriera di atleta: avevo capito che quella di allenatore mi dava maggiori soddisfazioni…
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