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ALVARO VITALI, MORTE E RANCORI

È di ieri la notizia della morte di Alvaro Vitali, il “Pierino” della commedia italiana, e con essa arriva l’ennesimo esempio di una dinamica che si ripete tragicamente: il mondo del cinema dopo pochi minuti ha dichiarato di essere stravolto dalla notizia della scomparsa del collega. Eppure, fino a qualche giorno fa Vitali aveva più volte denunciato pubblicamente di essere stato dimenticato e ignorato dai colleghi del passato, lamentando la mancanza di solidarietà ed empatia nel mondo del cinema.

Siamo di fronte all’ennesima storia di tutti quei rapporti che si lasciano marcire in vita, delle parole non dette, degli orgogli che pesano più dell’affetto, delle chiamate mai fatte e degli aiuti mai offerti.

Quante volte vediamo nella quotidianità situazioni simili?

In vita sempre mille scuse. Troppo occupati, troppo orgogliosi, troppo feriti. Si aspetta che sia sempre l’altro a fare il primo passo. “Tanto c’è tempo”, si pensa. Poi arriva la morte – improvvisa, definitiva, senza appello – e solo allora si comprende che il tempo non era infinito. Solo allora ci si accorge dell’inutilità dell’orgoglio e dei rancori.

Siamo nell’epoca della comunicazione istantanea, dei social, eppure si comunica sempre meno nelle relazioni che contano davvero. Ci sono mille modi per contattare una persona, ma niente, meglio rimandare una telefonata, un chiarimento necessario. E intanto il tempo passa, i malintesi si cristallizzano, le distanze si allargano. Fino a quando non c’è più niente da rimandare, perché non c’è più nessuno con cui parlare.

La persone muoiono. Genitori, amici, parenti. Muoiono quando hanno ancora cose da dire, cose da perdonare, cose da chiarire. E ci si continua a comportare come se si fosse immortali, come se ci fosse sempre tempo per tendere la mano. Ma il tempo non è infinito, è qui ed ora.

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