COSI’ SCRIVEVAMO SU TERMINAL NEL 2014, OSSIA UNDICI ANNI FA. E ci mettevamo a ridere come pazzi! Se volete, possiamo riproporre quello che si pubblicava una volta: voi pensate che i nuovi lettori di TERMINAL leggerebbero? E che riderebbero anche loro? Facciamo la prova… non ci costa niente; e nel frattempo ci facciamo due risate anche noi…
Vecchi o anziani? Il titolo di questa prima pagina è forse ingeneroso. Ma inutile nasconderci dietro un dito: il significato non cambia. Il calendario parla chiaro, e se ci confrontiamo con chi è di gran lunga più giovane di noi, con chi abbiamo conosciuto bambino, compagno di scuola dei nostri figli, e ci accorgiamo che adesso è sposato e padre di famiglia, non possiamo che renderci conto che anche i nostri figli sono grandi, che noi stessi siamo nonni, e che sono passati tanti anni.
Tanti quanti?
Tanti. Punto e basta. Non rigirate il coltello nella piaga.
In una città come Milazzo gli anziani superano il 20% della popolazione, il che significa che sono oltre 6000. Una bella cifra, Una volta erano relegati sulle panchine del Lungomare, oggi sono pimpanti, arzilli, vestono casual, vanno in giro con l’auto, staccano gli assegni, hanno un titolo di studio medio alto, molti sono laureati, hanno un passato di professionisti, di dirigenti, di politici, non disdegnano di fare la tinta ai capelli nascondendo sapientemente quelli bianchi. Vanno disinvoltamente ai supermercati, fanno la spesa, hanno anche il cellulare, leggono il giornale e guardano la tv, specialmente PORTA A PORTA perché hanno l’insonnia, si accalorano per futili motivi, perché la presunzione e la voglia di avere l’ultima parola aumenta con la loro età, e se non fosse per le pensioni che percepiscono, molti figli o nipoti farebbero la fame, visto che spesso sono proprio costoro a garantire con i loro soldi certe spese che chi non lavora o vive di un solo stipendio non potrebbe permettersi! Eppure nei loro confronti c’è scarsa attenzione, e la classe politica non ha ancora capito, perché non lo vuole capire, che fra dieci o quindici anni, senza il ricambio occupazionale, e di fronte a molte rimesse di denaro spediti nei paesi di origine effettuate dagli immigrati che lavorano proprio presso tanti anziani, la fame la potremmo tagliare col coltello! Altro che terza settimana! Nemmeno alla seconda arriveremmo!
Io fra dieci o quindici anni avrò … dieci o quindici anni in più. E siccome ne ho solo 63, potrei avere, se ho la fortuna di essere ancora in vita, l’età di Papa Francesco, di Pippo Baudo e di Berlusconi. Come tanti miei compagni di scuola!
E come vivremo? Ci godremo la pensione o la legge Fornero verrà abrogata per tanti altri anni ancora, e ci ritroveremo a discutere di rinnovo di contratto piuttosto che di pensionamento? Proprio come è successo qualche mese fa, in una riunione sindacale, dove mi sono trovato in mezzo a tanti altri colleghi. Il più grande ero io, mentre il più giovane aveva… la mia età!
Nonostante tutto, si parlava di concertazione, di rinnovo del contratto, di miglioramenti salariali. Senza che nessuno, visto che ancora dovevamo mettere il dente del giudizio, osasse dire: “Senti, collega, ma di pensione non si parla, visto che abbiamo messo le radici nel mondo del lavoro?”. Niente, l’idea non ci sfiorava nemmeno! Ci pensiamo solo quando ci rompiamo le scatole, e la mattina, quando la sveglia suona impietosa, vorremmo girarci dall’altro lato e mandare tutti al diavolo. A cominciare da quella ministra in lacrime che ci ha sonoramente rifilato un pacco che ricorderemo per tutta la vita, avendo pianificato ai nostri danni il recupero delle corna dei buoi dopo che, per anni, i buoi erano usciti da porte, portoni, finestre e così via.
Gli anziani: quelli che passano giornate giocando a carte e parlando del tempo migliore. O quelli seduti in marina, a guardare il mare, la raffineria, il numero sempre crescente di barche ormeggiate. Quelli che raccontano della guerra, e non la smettono più, e che rivorrebbero Mussolini, per rimettere ordine. Quelli che partono per i pellegrinaggi o per altre gite, dove si mangia di tutto, anche se il medico lo ha vietato. “Ma che mi deve fare? – si giustificano assaltando la frittura di pesce surgelato, le patatine o la fetta di torta – Il fegato, la glicemia? Quando ritorno a casa, manciu pastina cull’ogghiu!” I soliti buoni propositi. E sull’autobus, cantare a squarciagola stornelli e canzoni di Claudio Villa e Nilla Pizzi, del Quartetto Cetra e – ma sì – di Nico Fidenco, Edoardo Vianello e di Mina.
E raccontare quello che accade agli anziani, per cercare commiserazione e trovare conforto da chi, probabilmente, sta peggio di noi.
Lo fecero tempo fa tre amici, seduti in un circolo. Si lamentavano dei loro malanni.
Il primo diceva: “C’era l’ascensore guasto. Sono salito al terzo piano con le borse della spesa. Sapessi l’affanno!”.
“Il cuore, caro mio! La mancanza di movimento. Ormai siamo arrugginiti!” aggiunse il secondo “Dimentichi che hai settant’anni? Io che dovrei dire? Ne ho settantacinque, non mi posso più legare le scarpe! L’altro giorno mi sono chinato, e ancora mi fa male la schiena. Vado avanti a pomata!”.
“Voi parlate di dolori! E io che non mi ricordo più le cose?” sospirò il terzo.
“Un principio di Alzheimer? Minchia, cunsùmatu si! Hai parlato col dottore? Come te ne sei accorto?” incalzava il più giovane.
“Così, per caso! Tempo fa ho preso una badante per accudire mia madre. Sai, non ne potevo fare a meno, ha quasi novant’anni! E’ una bella signora dell’Est. ’Na fimminuna, fa risuscitari i motti! E io vado più volte al giorno da mia madre, per vedere se ha bisogno di qualcosa. I primi tempi, lo confesso, la guardavo con occhio libidinoso. Lei se n’è accorta, e mi faceva i sorrisini. Insomma… mi ha fatto capire che… ci stava. L’altro giorno, come al solito, mentre mia madre era in bagno, l’ho buttata sul letto.
Ma quella mi ha rimproverato. E qui mi sono accorto che non mi ricordo più le cose”.
“Ma perchè, cosa ti ha detto?” intervenne incuriosito uno dei due.
“Che mi ha detto? Pippino, oggi è già la quinta volta! Ma iò non m’u ricuddava. Sugnu cumbinatu mali… Staiu rincoglionendu!”.
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