“Mariella, la moglie di Gaetano Scirea, mi ha detto che quando è morto portava un Rolex d’acciaio al polso che segnava l’una meno nove minuti.
Aveva dei pantaloni a coste verdi e una maglia con bottoni, verde anche quella. Se lo ricorda bene, dice, perché qualche giorno dopo lui le apparve nella villa dei suoi genitori, a Morsasco, subito dopo i funerali, ed era ancora vestito così. Mentre lei dormiva in camera, vide all’improvviso una grande luce gialla, un bagliore accecante, e lui era lì, vestito con quei pantaloni a coste verdi, mi ha spiegato Mariella.
Lo racconta con un sorriso misto a stupore, perché dice che era convinta d’essere sveglia.
Lui che appare con quei pantaloni verdi e dice: «Sono venuto qui perché sono andato via senza salutarvi».
Si è seduto sul bordo del letto. Lei lo guarda. Ha un volto sereno, quella sua aria timida.
Gli chiede com’è lassù.
«Ah, è come qui. Ci sono gli stadi. Ci sono le case, le strade. E ci sono le moto.»
Le dice: «Salutami tuo papà Livio e tua mamma Cristina, dì che io comunque non mi sono dimenticato di voi.»
Adesso fa per alzarsi dal letto. E lei lo implora: «Resta ancora, dove vai?».
Ma lui ormai è in piedi: «No, il mio tempo è scaduto».
Poi la luce diventa più piccola, sempre più piccola, e va a finire nella toppa della porta.
«Allora io vado lì» mi ha raccontato Mariella «e apro la porta, e ci sono tutte le luci accese, anche quelle dei lampioni in giardino.
Lo dico a mio papà, lo chiamo, ma lui non riesce a spegnere le luci. Non c’è niente da fare, è incredibile. Sono rimaste accese tutta la notte.»
«Ma papà, com’è possibile?»
Lui si stropiccia gli occhi, mezzo addormentato. «Non so» dice.
«Hai provato a spegnerle?»
«Sì, ma non si può. Vai a dormire adesso.»
«Giuro che è vero» mi ha detto Mariella.
Ora, non importa quanto ci sia di suggestione in tutto questo. Il fatto è che dev’essere vero che qualcosa dopo la morte rimane.”
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