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IL (NON) SENSO DELLA GUERRA E LA STRAGE DI ODESSA

(avv. Giuseppe SOTTILE)

Giovedì sera da Del Debbio, su RETE 4, una signora ucraina, sfuggita alla strage di Odessa del 2014, raccontava la sua tragica esperienza. Naturalmente la sua visione di ciò che sta accadendo – da condannare senza la minima esitazione, ma i cui responsabili vanno ricercati non certo in maniera unilaterale, così come impone la feroce propaganda occidentale – era alquanto diversa dalla narrazione corrente.

Al che in studio si sollevava un brusio di mugugni, che presto é divenuto un vero é proprio coro di improperi e di proteste contro la povera signora intervistata, alla quale non poteva essere riconosciuta la qualità di vittima, non in questo momento, non al di qua della barricata.

Un chiaro segno dei tempi e del vischioso regime politico e mediatico in cui viviamo.

Ed in effetti che sia la “Strage di Odessa” non molti lo sanno. Certamente pochi dei benpensanti opinionisti presenti in trasmissione. Eppure si tratta di una delle più feroci strage dalla fine della seconda guerra mondiale, accaduta appena 8 anni fa! Un fatto di cui evidentemente non si deve parlare, poiché segna lo spartiacque tra l’Ucraina filo-russa e l’Ucraina filo-americana.

Dunque un sacrificio necessario, le cui povere vittime sono altresì condannate – in (dis) onore del senso della guerra – alla damnatio memoriae.

Tuttavia, chi non avesse memoria di questi fatti, può trovare le terribili dinamiche della Strage di Odessa, su Wikipedia (almeno fino a quando questa pagina non verrà cancellata).

“La strage di Odessa è un massacro avvenuto il 2 maggio 2014 ad Odessa presso la Casa dei Sindacati, in Ucraina ad opera di estremisti di destra neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo, che si opponevano al nuovo governo instauratosi nel Paese in seguito alle rivolte di piazza di Euromaidan di fine 2013, che il 22 febbraio 2014 portarono il Parlamento Ucraino votare, con 328 voti favorevoli e 0 contrari, l’impeachment di Janukovyč e indire nuove elezioni presidenziali previste per il 25 maggio.

Nel rogo, preceduto e seguito da linciaggi e violenze nei confronti degli aggrediti, trovarono la morte almeno 48 persone tra impiegati della Casa dei Sindacati, manifestanti contrari al nuovo governo, o favorevoli al separatismo simpatizzanti filo-russi e membri di partiti di estrema sinistra.

In seguito agli scontri, in cui erano intervenute anche frange paramilitari nazionaliste (in particolare quelle di “Pravyj Sektor”), i manifestanti antigovernativi si rifugiarono nella Casa dei Sindacati.

Questi manifestanti furono seguiti e aggrediti all’interno dell’edificio da ultrà calcistici ed estremisti di destra, che successivamente circondarono l’edificio e appiccarono il fuoco. Nell’incendio che ne scaturì trovarono la morte 42 persone (34 uomini, 7 donne e un ragazzo di diciassette anni), alcune delle quali del tutto estranee ai fatti in quanto si trovavano all’interno dell’edificio per ragioni di lavoro. 

I pochi che riuscirono in maniera fortunosa a fuggire dall’incendio furono linciati dai militanti neonazisti che circondavano il palazzo.

Alla fine del rogo i testimoni trovarono i corpi carbonizzati dei manifestanti aggrediti e un cadavere di donna seviziata e violentata, e di un’altra donna incinta strangolata con dei cavi telefonici.

Si scoprì che tra le vittime del massacro vi erano anche persone colpite da armi da fuoco e mutilate con armi da taglio.

Il nuovo governo ucraino a capo di Oleksandr Turčynov e Arsenij Jacenjuk si limitò a parlare di una fatalità che era costata la vita a circa 30 persone.

Il Ministro degli Interni ucraino e la Polizia sostennero da subito che i manifestanti anti-governativi fossero rimasti uccisi dalle fiamme scaturite dai loro stessi lanci di bombe molotov. 

Anche la stampa vicina al nuovo governo attribuì l’incendio ai manifestanti filo-russi.

Ben presto questa versione venne smentita dalle testimonianze dei sopravvissuti e di vari osservatori.

Nessun processo è stato finora avviato per la strage.”

É tutto scritto. Va aggiunto soltanto che le brigate del “Pravy Sektor” (come il battaglione Azov) in seguito furono inglobate nella Guardia Nazionale ucraina.

 

 
 
 
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