Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,15-16.23b-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 8 GIUGNO 2025 (Gv.14,15-16.23b-26)
Una caratteristica dell’Evangelista Giovanni è quella di riprendere e ripetere un concetto più volte all’interno del suo Vangelo. In questo brano ci ripresenta quanto Gesù aveva espresso in precedenza allo lo scopo di puntualizzare e focalizzare l’attenzione dei suoi lettori. Siamo nella festa di Pentecoste: questo termine significa 50 giorni dopo la Pasqua ebraica cioè l’uscita dall’Egitto. Durante la festa, gli Israeliti ringraziavano Dio perché ha ispirato Mosè nell’elaborazione dei 10 Comandamenti. Le cose cambiano con Gesù infatti l’Evangelista Luca pone proprio nella festa della Pentecoste il dono dello Spirito Santo ai discepoli (Atti 2,1-13), ossia avviene un cambio di significato. Non più dei precetti esterni da osservare, ma una legge morale interna che guida l’agire umano, la coscienza. Mentre con i 10 Comandamenti si stabiliva un accordo tra Dio e gli Israeliti come tra un padrone e dei servi ubbidienti, con Gesù inizia una nuova era, un nuovo accordo tra un Padre e dei figli che si convincono del suo amore e tra loro si comportano come fratelli. “Se mi amate, dice il Signore, osserverete i miei Comandamenti”. In effetti il comando di Gesù è uno solo e afferma: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Come mai Gesù parla al plurale? Perché il Comando è uno solo, ma le modalità di applicazione possono essere infinite. In altri termini è come se Gesù, con il Comandamento dell’amore chiamato anche Regola d’Oro, avesse messo il titolo al Decalogo di Mosè. Infatti se ci amiamo gli uni gli altri è perché riconosciamo di avere un’unica fonte di vita e un valore più alto a cui tendere. (1° Comandamento). Se ci amiamo gli uni gli altri è chiaro che usiamo rispetto e parliamo con verità (4° e 8° C.) ; non ci appropriamo di cose che non ci appartengono (7° C.), rispettiamo la vita in ogni sua forma (5° C.) e non siamo invidiosi di ciò che possiedono gli altri (10°C.). Anzi, Gesù ci porta ancora più in alto perché non gli basta che non desideriamo la roba d’altri, ma ci invita a fare in modo che quello che abbiamo noi, l’abbiano anche gli altri. Poi Gesù assicura che il Padre ci dona lo Spirito Santo Paraclito, l’avvocato protettore, colui che aiuta , che da la forza di affrontare le difficoltà della vita e che è sempre in sostegno di coloro che lo accolgono. Il cristiano che ha accolto Gesù e il suo Spirito, insieme a tutta la comunità, diventa il luogo da cui si dirama e si espande l’amore di Dio. In effetti possiamo notare che c’è un doppio movimento: un movimento centripeto quando si accoglie l’amore di Gesù interiormente, e un movimento centrifugo quando l’amore è orientato e donato al prossimo. Lo Spirito Santo paraclito è anche educatore perché “vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” . Come fa un bravo maestro, l’attività dello S.S. è quello di insegnare e ricordare le parole di Gesù. In altri termini è l’amore che fa comprendere e separare, il bene dal male. Questo maestro interiore porta l’individuo a sapere la propria identità, il valore e il suo posto nella società. Fa comprendere cosa è giusto fare e cosa è meglio evitare. E’ l’individuo che, avendo accolto lo S.S. cioè l’energia dell’amore, i principi e i valori di Gesù, diventa maestro a se stesso perché è consapevole e pensante, capace di scelte personali. Diceva il Cardinale Carlo Maria Martini: “Desidero ci siano persone pensanti più che credenti”. Gesù è più importante di Mosè perché non ha dato dei Comandamenti da ubbidire ma dei principi che, se accolti, consentono alla persona di sviluppare tutte le sue potenzialità.
MARIELLA RAPPAZZO
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