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LA PISTA D’ATLETICA LEGGERA? IO L’ASPETTO DA CINQUANT’ANNI!

IL SIRACUSANO GIBILISCO, MONDIALE NELL’ASTA NEL 2003, SI SCHIERA CON CHI, PER DECENNI, HA RICHIfilippoESTO GLI IMPIANTI SPORTIVI!

 

Nel 1964 cominciai a praticare atletica leggera, con la Polisportiva Nino Romano. Non vedevo l’ora di poter gareggiare (la mia specialità, si fa per dire, era la marcia…) in un vero campo di atletica, che la mia Milazzo non aveva. Gli allenamenti li sostenevo sulle strade sterrate e polverose di allora, verso il Tono o a ponente, all’epoca prive di asfalto, o all’interno del campo sportivo Grotta Polifemo, affiancando rigidamente le linee del rettangolo di gioco, ben sapendo che tre giri corrispondevano a mille metri! Il giorno dell’esordio avvenne il 23 maggio del 1965: il glorioso campo della G.I., che per tutti era ancora, a vent’anni dalla caduta del Fascismo, l’ex GIL, mi vide alla partenza fra gli allievi, sulla distanza di 4 chilometri, in una gara vinta da Filippo Assenzio, del Peloro Messina, (a fianco nella foto tratta dal libro DALLA SENA IN POI… e scattata proprio quel giorno) di due anni più grande di me. Chiusi la gara al 5° posto davanti ad un atleta barcellonese, Giuseppe Milioti, che ho rivisto solo grazie a Facebook dopo mezzo secolo! La terra rossa della pista, le corsie realizzate con strisce di plastica piantate con i chiodi, l’anomalo sviluppo del tracciato (non 400 metri, come tutte le piste di atletica, ma solo 267) erano per me una novità! I dieci giri di pista, previsti per un impianto “normale”, furono quindi di più, anche se la distanza rimaneva la stessa… Per il mio esordio indossai un paio di scarpe da tennis: in effetti tutte le scarpe, allora, si chiamavano “da tennis”. Queste mi bloccavano il piede alla caviglia, ma non fu la causa del tempo fatto segnare: 25 minuti e passa, interminabili! Mio fratello Massimo, alla mia stessa età, in 25 minuti ne percorreva cinque di chilometri, e qualche anno dopo addirittura sei! Ma è normale che l’allievo debba superare il maestro. Negli anni successivi, disputai altre gare. A Milazzo speravamo che qualcuno progettasse un impianto di atletica leggera: nell’attesa avevamo a disposizione il campo sportivo o la strada! Nel 1968 andammo anche a Milano, all’Arena: c’era la prima pista in materiale sintetico. Disputai i campionati nazionali ALLIEVI, finendo al 25° posto nel tetrathon, una disciplina che prevedeva quattro specialità, la prima della quali gli 80 ostacoli. Non scelsi la marcia, ma volevo cimentarmi in ben quattro gare diverse, perchè negli anni avevo differenziato la mia preparazione atletica, spostandomi dalla marcia alla velocità prolungata, agli ostacoli, ai lanci e ai salti. Portai con me a Milano, come corredo sportivo, un paio di scarpette in cuoio con il tacchetto basso, tipiche dei marciatori di quegli anni, che il prof. Lorenzo D’Ondes, nostro presidente, mi aveva regalato qualche anno prima. Non erano scarpette nuove, ma indossate prima di me da qualche atleta degli anni 40! Io mi trovavo benissimo, ed in un raduno nel 1966 a Messina le mostrai anche a Pino Dordoni, con il quale feci un raduno, all’epoca selezionatore della marcia, meravigliato dell’esistenza di scarpe anteguerra! A Milano, dovendo esordire su una pista sintetica (il rubkor, una specie di asfalto, che garantiva una spinta maggiore) calzai un paio di scarpette chiodate. Ma non con i chiodini corti, così come le nuove piste imponevano, ma con i chiodi lunghi ed usurati… che quindi potevano essere considerati… corti! Avevo imparato ad aggredire gli ostacoli con i tre passi (pesavo circa trenta chili in meno) con un passaggio perfetto ed il richiamo della gamba abbastanza veloce! Allo sparo dello starter scattai fra i primi, e superai il primo ostacolo con la gamba destra. All’atterraggio, un chiodino della scarpa, non abbastanza consumato, rientrò e mi fece vedere le stelle! Mi procurò una lesione ad un tendine che mi durò per tantissimo tempo! Addio tre passi, addio speranze di potere disputare in perfetta efficienza le altre tre gare (ricordo che nell’ultima, i 300 piani, giunsi al traguardo zoppicante perché non era pensabile un ritiro dopo che, per mesi, ci eravamo allenati ed avevamo affrontato la trasferta dei nostri sogni). Tornammo a Milazzo inebriati di quella nuova pista, al punto che la desideravamo anche noi!

Nel 1972 fondai la Fiamma Atletica Milazzo. Per i numerosissimi ragazzi che allenavo immaginavo che il sogno sarebbe diventato realtà! Loro ebbero più fortuna di me: gareggiarono a Catania, a Rieti, a Foggia, a Roma, a Palermo, a Bolzano, a Orte, a Belluno, a Reggio Calabria, a Siracusa, a Salerno. Sempre su nuovi impianti sportivi, che nel frattempo nascevano ovunque, con tecnologie sempre più affinate, per garantire migliori prestazioni.

Poi anche Messina ebbe il suo impianto, e all’esordio mio fratello Massimo gareggiò, sempre nella marcia, addirittura con Abdon Pamich! Poi anche Barcellona… ma Milazzo no! Ci avrebbe fatto comodo anche un anello come quello dell’ex GIL… Invece niente! A nessun politico è mai interessata una pista d’atletica leggera. Nessuno l’ha mai proposta, nonostante i risultati per la mia società fossero di elevato livello nazionale. E il fatto che a Milazzo ci fosse una squadra di marciatori e di fondisti (non essendoci alcuna pista, l’unica possibilità per gareggiare era… la strada…) non stimolava la progettazione di un impianto! Sono passati 50 anni da quando io ho fatto il mio esordio nel mondo dell’atletica leggera. Ma non ci sono più soldi nelle casse comunali! Permettetemi di dire che ne sono stati spesi tantissimi, forse anche male. L’atletica leggera è uno sport che praticano in pochi, non tragga in inganno il numero elevatissimo di chi corre a ponente. Le discipline, quelle che hanno bisogno di pedane per la rincorsa o per i salti, non esistono. Insomma, per non tirarla per le lunghe… morirò con il desiderio di vedere una pista di atletica leggera a Milazzo. Nessuno l’ha mai promessa, purtroppo, per cui non me la potrò prendere con nessuno se non è stata mai realizzata!

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