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MESSINA, TRIONFO PER “LA VEDOVA ALLEGRA”

NON AVEVAMO DUBBI, E IL SUCCESSO DELLA SERATA DELL’ESORDIO HA CONFERMATO ANCORA UNA VOLTA CHE LA QUALITA’ PAGA. ONORE ALLA DIREZIONE DEL VITTORIO EMANUELE, CHE CHIUDE UN’INTENSA STAGIONE CON IL CAPOLAVORO DI LEHAR, AFFIDATO AD UN INSUPERABILE VICTOR CARLO VITALE CHE SI E’ AVVALSO DI UN CAST ECCEZIONALE. STASERA 2 GIUGNO ALLE 17 E MARTEDI’ 4 GIUGNO ALLE 21 GLI ALTRI SPETTACOLI.

Anche questa volta il competente pubblico del “Vittorio Emanuele” di Messina ha gradito ed apprezzato. Ed ancora una volta, come accaduto altre migliaia di volte, in migliaia di altri teatri del mondo, è uscito canticchiando “Tace il labbro” o “E’ scabroso le donne studiar“. E così avrà fatto risalendo in auto per tornare a casa. Non mi ero quindi sbagliato: non per presunzione, ma immaginavo cosa mi aspettava al Vittorio Emanuele. Conoscendo la trama del lavoro messo in scena, conoscendo già il regista, Victor Carlo VITALE, la sua serietà e la sua competenza, non avevo dubbi. A caldo, alla fine dello spettacolo, ho espresso allo stesso regista un mio commento “Hai avuto l’abilità di promuovere l’operetta facendola diventare … OPERA!”. Esagerazione? Non direi. Ho provato a contare sul palcoscenico i protagonisti. Un numero impressionante di personaggi. Non semplici comparse, reclutate per riempire l’ambasciata del Pontevedro o chez Maxim, ma artisti che hanno interpretato con disinvoltura le parti, hanno cantato e recitato, hanno ballato e, diciamolo chiaramente, si sono divertiti perchè è anche vero che la loro professionalità li emoziona, ma una volta che si apre il sipario vengono fuori talento e bravura, e tutti contribuiscono a spingere verso una sola direzione: il successo! Nè poteva essere diversamente, trattandosi di soprani, tenori, bassi, contralti del Coro Lirico “Francesco Cilea”, diretti dal Maestro Bruno Tirotta; di un corpo di ballo sapientemente coordinato, con Silvia Di Pierro che ha affiancato Eugenio Dura nelle coreografie; e di un supporto musicale che ha fatto leva sull’orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, diretta dal Maestro Giuseppe Ratti. 

Non avevo dubbi che Vitale, personaggio carismatico e profondo conoscitore dell’operetta, avesse anche questa volta coinvolto nel progetto tutti, uomini e donne, senza far notare la differenza dei ruoli, ma rendendoli straordinariamente protagonisti. Non mi è sembrato che a trionfare fosse solo Hanna Glavary, la bella vedova ereditiera cui ha dato voce e volto una fantastica Maria Francesca MAZZARA, o Valencienne, magistralmente interpretata da Manuela CUCUCCIO, abile a dissimulare e a tornare fra le braccia del suo Mirko Zeta, un eccellente Paolo BUFFAGNI che ha sfoggiato, dall’inizio alla fine, la sua bravura, frutto di un’esperienza artistica rassicurante. Nel generale trionfo eccellono Giancarlo RATTI, Njegus, che sapeva di dover sostenere la parte più attesa, ed è stato divertente e padrone della scena; così come Marco MIGLIETTA, nel ruolo di Camillo di Rossillon, amante di Valencienne, e lo stesso Danilo Danilovich, alias Federico VELTRI, giovani tenori che hanno al loro attivo interpretazioni importanti in opere liriche rappresentate sui maggiori teatri italiani e stranieri.

Una chiusura in bellezza per una stagione interessante che ha visto, ancora una volta, l’Ente Autonomo Teatro Regionale di Messina presentare spettacoli diversi e applauditissimi, e ha voluto regalare alla città la più famosa delle operette, per continuare a divertirsi e a sognare. Perchè con LA VEDOVA ALLEGRA si ritorna a sognare, spensieratamente. Non ho esagerato quando a Victor Carlo Vitale ho detto di avere elevato l’operetta al ruolo di un’opera lirica: lo spessore degli interpreti mi ha suggerito questo accostamento; le scenografie, i costumi, le musiche hanno fatto il resto! Per l’ennesima volta respingendo al mittente le opinioni dei detrattori che ormai da secoli considerano l’operetta solo un fatto di costume e musica transitoria.

Ma lo stesso Carlo mi ha raccomandato di non essere generoso con lui, e di scrivere liberamente i miei commenti, anche negativi: uno ci sarebbe, caro Carlo. Ma il conte Danilo, che esordisce in scena con “quattro ragazze quattro” in quel lettone…? Non ti sono sembrate un po’ troppe? No, non dire nulla: un allenamento in vista del suo futuro incontro con la bella vedova, ereditiera sì, ma anche a digiuno da un po’ di tempo, vero?

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