I nuovi gusti che si andavano imponendo nella penisola, al seguito delle musiche diffuse dai 45 giri ascoltati nei juke box, prima dell’esplosione del mercato discografico che avrebbe portato alla vendita di milioni di copie per una singola canzone, trovavano sempre più estimatori nelle giovani generazioni, quelle nate e cresciute dopo la fine della Guerra. Per costoro, ripudiare certe melodie classicheggianti in cui la rima baciata “cuore – fiore – amore” era una costante, la parola d’ordine.
Come muoversi in ambito locale quando il mondo musicale era in fermento? Come superare indenni le mode e i gusti del pubblico? Erano domande che i complessi dell’epoca non si ponevano: la passione per uno strumento musicale, la conoscenza di qualche brano, la voglia di stare assieme e di suonare e cantare qualche motivo era certamente la maggiore ambizione.
A contribuire a scaldare i motori c’erano il night con le sue atmosfere e i motivi sussurrati, che portavano la coppia a ridurre le distanze mentre si ballava; le feste in casa, nelle quali era d’obbligo rispettare delle regole e sottostare al volere dei genitori; i nuovi balli, primo fra tutti il twist che permise di scendere in pista anche da soli; quindi, la nascita di nuovi locali, nei quali non si contava più il numero di giovani che cercavano un modo nuovo e trasgressivo per passare la serata, anzi un’intera stagione. I vecchi magazzini agricoli, nei quali si esibivano le orchestrine che avevano caratterizzato il periodo bellico, proponendo il liscio o qualche brano di Natalino Otto o dei maestri sudamericani, o di Angelini, cominciano a cedere il passo: a Milazzo si impazziva per la Grotta Polifemo, ed erano i fratelli Salmeri a tenere banco, dall’alto della loro esperienza e preparazione musicale. Spazio per i giovani, certamente: ma solo a condizione di proporre motivi e musiche in grado di conquistare, giorno dopo giorno, quelle fasce che non si sentivano rappresentate da chi non riusciva a staccarsi dalla tradizione musicale, ormai superata dai tempi e dalle mode!
Fino a quel momento nei vari complessi c’era stato sempre un leader, il cantante solista, a dare popolarità al gruppo: era il caso di Renato Carosone ed il suo quintetto o sestetto; di Peppino Di Capri e i suoi Rockers; di Fred Buscaglione ed i suoi Asternovas; di Marino Marini ed il suo quartetto…
A Milazzo non c’era un elemento di fama consolidata che potesse fare da trainer o anteporre il suo nome a quello del complesso che lo avrebbe accompagnato, per cui sei amici scelsero per fare breccia un termine straniero, FRIENDS, che mise d’accordo vecchi e nuovi appassionati di musica leggera. Per tutto il decennio è il complesso che meglio degli altri, già esistenti o formatosi successivamente, interpreta i gusti di chi, anche nel periodo della contestazione giovanile, non tradiva la frequentazione di locali pubblici, di dancing, di night! I fondatori sono Franco Russo, che suona la chitarra; Pippo Cuzzupè il basso elettrico; Stefano Sindoni la fisarmonica; Saverio Cento la batteria; Mimmo Cardile la tromba. Enzo Vento è la voce solista. Sei amici, anzi… the friends, nome che li accompagnerà per il decennio e li fa ricordare ancora oggi.
Assieme per poco meno di due anni, perdono nel 1962 Mimmo Cardile e Saverio Cento, che si arruolano in Finanza ed in Polizia. Solo Cento viene rimpiazzato, alla batteria, da Franco Parisi, quindi il sestetto originario diventa quintetto. Ed è proprio questo il quintetto che inaugurerà la lunga estate degli anni 60, iniziata a Vulcano, con l’apertura dell’Eros Hotel.
Ma in quel 1962 anche Stefano Sindoni deve partire: lo attende il servizio di leva, obbligatorio. In un primo tempo viene chiamato a sostituirlo Peppino Italiano, successivamente lo rimpiazza Ciccino Andaloro, fisarmonicista, che trascina nel gruppo anche il fratello Pino, dodicenne, sassofonista. Si ritorna al sestetto, e i Friends, assoluta novità per l’epoca, cominciano ad essere richiesti per allietare le cerimonie (in primo luogo i matrimoni), nel corso delle quali era atteso anche il ballo. Vantavano un nutrito repertorio che annoverava brani classici internazionali, portati al successo da Perez Prado, Xavier Cugat o Santo & Johnny, mentre motivi come Perfidia, Patricia, Moliendo cafè venivano richiesti fino alla nausea. Ma era anche la voce vellutata di Enzo Vento che “catturava” gli innamorati: Munasterio ’e Santa Chiara, Mi sono innamorato di te, Frida, ed altri brani in voga in quegli anni che il complesso arrangiava in maniera personalissima offrendo sempre gli ultimi successi a chi ne faceva richiesta.
Nel 1963, usciti i fratelli Andaloro, arrivò un elemento sulla cui bravura erano tutti d’accordo: il Maestro Nino Sciotto, sax tenore e flauto. Ciccino Andaloro venne sostituito da Michele Italiano, un altro fisarmonicista, che riuscì a passare agevolmente alle tastiere quando queste soppiantarono quello strumento. Sono gli anni di The blob, di The enchanted sea, di Una rotonda sul mare, di Sapore di sale. Sono anche gli anni di innumerevoli serate danzanti all’Hotel Moderno, al Circolo Diana, alla Grotta Polifemo, ed il complesso ha la possibilità di sfoggiare eleganti giacche in lamè confezionate per l’occasione dal sarto Gianni Parisi. Una primizia per l’epoca (ed un vanto per lo stesso Maestro Parisi, che ancora oggi confeziona e indossa per sé giacche analoghe), all’insegna di una moda che voleva i componenti dei complessi vestire in maniera uniforme, impeccabilmente.
Il quadriennio 63/66 è l’apoteosi per la Riva Smeralda, dove i Friends, che l’avevano inaugurata, si esibiscono stabilmente. Come il Lido Cirucco, anche questo dotato di una pista da ballo, era sorta sul mare, alla fine della strada panoramica, ed era frequentata da migliaia di giovani che provenivano da tutta la provincia.
Per la crescente popolarità, nel 1964 parteciparono alla trasmissione regionale Trinacria d’oro, al Trifiletti, accompagnando altri solisti che si esibivano in quella stessa occasione, e riscuotendo un notevole successo.
Nel 1966, con l’uscita di Michele Italiano, il gruppo si arricchisce di un giovane talento naturale che, nonostante i suoi diciotto anni, da oltre dieci suonava la fisarmonica, senza temere confronti in campo nazionale. E’ Salvatore Crisafulli, che diventa l’elemento trainante del complesso con il suo organo Hammond, e consente al gruppo il salto di qualità presentando brani dell’epoca di assoluto valore mondiale, come A whiter shade of pale, o Love me, please, love me, in cui vengono messe temporaneamente da parte le chitarre e altri strumenti. Neanche con l’ingresso di Salvatore Crisafulli il gruppo riesce a trovare la formazione definitiva: quello stesso anno si trasferisce a Milano per motivi di lavoro il bassista Peppe Cuzzupè, sostituito saltuariamente da Lillo Picciolo, proveniente dai Satelliti (ne facevano parte anche Corrado Iozzia, Riccardo D’Agostino, Peppe Caravello, Pasquale Celona, Mimmo Lombardo), passato successivamente al gruppo Gli Angeli; nel 1967 è la volta di Franco Russo, chiamato anche lui alle armi. Saranno i fratelli Nino e Mimì (Beniamino) Picciolo a rimpiazzarli, alla chitarra solista ed al basso rispettivamente. Il terzo dei fratelli Picciolo, Celestino, farà parte fra il 1967 e il 1968: sono gli anni in cui i Friends suonano stabilmente al George Hotel ed alle Sabbie Nere di Vulcano; qui conoscono Mike Bongiorno e il Maestro Tony De Vita.
Mentre il decennio si avviava alla fine, ognuno dei componenti cercava una propria occupazione stabile, senza tuttavia trascurare la passione per la musica e l’amore per le serate danzanti. A Milazzo erano intanto nati nuovi locali: dal 1967 funzionava la Sala delle Rose, geniale intuizione del signor La Malfa, papà di Carmelo, a due passi dal centro urbano e nella zona di sviluppo edilizio popolata da migliaia di famiglie nell’arco di un ventennio; all’interno di essa si tennero serate danzanti, matrimoni, ricorrenze varie, persino timidi tentativi di festeggiare fuori casa l’arrivo dell’anno nuovo! Quindi le Arcate, sulla via XX Luglio, locale in cui la clientela era notevolmente diversa rispetto a quella che affollava la Grotta Polifemo o la stessa Riva Smeralda, o il circolo del Tennis o il Diana: giovani, con tanta voglia di ballare e di ascoltare musica.
I gusti cambiavano, e anche i Friends si adattavano alle mode, a cominciare dal look: la giacca in lamè era stata da tempo sostituita da una nuova divisa, con pantaloni neri e una camicia celeste con voilà davanti.
Ma nonostante il panorama musicale fosse variegato, e ognuno dei nuovi complessini cercasse di proporre nuovi stili e nuovi motivi, presi spesso in prestito dal beat e dalla musica proveniente da oltre Manica o oltre Oceano, erano sempre i Friends a dettare sempre le regole: la Festa della Matricola puntava su di loro, come su di loro puntavano gli organizzatori di eventi che non potevano permettersi il passo falso nella scelta del gruppo musicale.
Il Carnevale, quello memorabile del 1969, vide l’ultima grande esibizione del complesso milazzese sul palcoscenico del Trifiletti, davanti a migliaia di persone di tutte le età richiamate da un evento unico e non più riproposto, organizzato da Nino Campagna, Pietro Salmeri e Pippo Siracusano.
Con i Friends si alternavano i Gens, messinesi che avevano spopolato nelle classifiche con IN FONDO AL VIALE. E mentre dei ragazzi di Messina si ricorda solo quel motivo, tema conduttore di un’estate indimenticabile, dei Friends sono sempre di più quelli che li hanno amati, apprezzati e ancora oggi continuano a pensare con nostalgia a quelle serate fra amici, alla Grotta Polifemo, alle Sabbie Nere, alla Smeralda, al George Hotel, al Tennis o al Diana.
E viene da sorridere se, frugando fra i ricordi di un’epoca che non tornerà più, anziché canticchiare le canzoni del complesso, qualcuno che si era guadagnato un angolino nella pista e pensava di avere fatto il colpo della serata, ricorderà la voce di Enzo Vento. Non certamente quando sussurrava parole d’amore che permettevano all’innamorato di sognare stringendo fra le braccia, in quello spazio ridottissimo di una mattonella, la fidanzata o la conquista del momento, ma un più suadente “Musica per voi che lavorate”, rivolto a tutti coloro per i quali la musica era solo un accessorio, un sottofondo che ispirava… Mentre Franco Parisi, senza perdere il ritmo alla batteria, richiamava bruscamente alla realtà il conquistatore di turno con un bene assestato “’mbucca, ciddazzu!”, proprio in dialetto milazzese.
Semplici battute, che loro potevano permettersi. Fra amici. Anzi, fra … friends…
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