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SI VERGOGNA DELLA FIGLIA PROSTITUTA, MA…

20150424145701-prostitutaSEMPRE MENO LAVORO PER I GIOVANI, MA C’E’ ANCHE CHI SI ARRANGIA E ARROTONDA, ECCOME. AL PUNTO CHE… Leggete quello che ci è stato raccontato…

La crisi che secondo Renzi abbiamo lasciato dietro l’angolo (una volta, dietro l’angolo, c’era il rapinatore) ci pone un interrogativo: “Cosa farò da grande?”. Anzi, cosa faranno questi giovani da grandi? E mentre le facoltà universitarie si arricchiscono di specializzazioni, nelle quali si accede a numero chiuso, ci rendiamo conto che non troveremo più un lavoro come l’arrotino, al momento svolto solo di domenica da quel rompicoglioni che strombazzando per le strade pensa giustamente di svegliarti quando stai ancora dormendo, come l’ombrellaio (e chi lo farà mai, quando con pochi euro compri un altro ombrello, che si apre a scatto ma si scassa al primo colpo di vento?); come il calzolaio (per quanto ti chiedono per un paio di tacchi, conviene comprarne un paio nuove…). E potremmo andare avanti, con specializzazioni tipiche dell’industria: il saldatore, il carpentiere, il tubista bianco, il tubista nero, il ramista, ormai scomparse quasi del tutto, anzi, per meglio dire, non più rimpiazzate, e questo è grave perché la dice lunga sul ruolo svolto dall’industria a Milazzo, se nemmeno certi lavori vengono più praticati, per cui gli specialisti che servono per le fermate vengono richiesti altrove… a buon intenditor poche parole! Oggi chi cerca lavoro mette un’inserzione su internet, ma deve possedere necessari requisiti: mica può fare la badante, se non è dell’Est o indiana! Per essere utilizzato nel terziario deve sapere portare i piatti con le pizze, apparecchiare i tavoli, cambiare i pannoloni agli anziani, riporre in ordine le camicie ed i maglioni, se è il caso provvedere anche a pulire il bagno, scopare per terra e lavare i vetri. Poi, se tutto va bene, si fa carriera. Poi c’è lo spettacolo: un tronista per lui o per lei, dopo avere fatto palestra per gonfiarsi i pettorali e svuotarsi il cervello, o entrare nella casa del Grande Fratello, e poi sperare di essere chiamato nelle serate in discoteca davanti a ragazzette isteriche! C’è anche chi preferisce completare gli studi, e attende un concorso, altrimenti la lunga trafila dei master, per continuare a spendere i soldi dei genitori, che si svenano ancora di più, e sperare di andarsene all’estero! Per il figlio del commerciante si prospetta invece il sub ingresso nell’azienda paterna, sempre se la crisi non ha consigliato di farla chiudere prima. Ma poiché questa il più delle volte è condotta a gestione familiare, qualche speranza c’è.  Una bella cosa, la gestione familiare… sempre se non vengono dall’Ispettorato del Lavoro ad elevare un verbale perché la moglie sta seduta alla cassa, non essendo possibile per il marito assumere nessuno! Voi comunque sapete che Milazzo è una città come tante altre: una città dove ci si rivede spesso dopo un anno, da un’estate all’altra, e qualche volta addirittura dopo tantissimi anni. Al punto che i figli, lasciati piccoli, sono diventati grandi, così come grandi e trasformati nel fisico sono anche i genitori…

A questo proposito, i nostri “informatori” ci hanno riferito di un colloquio tra due vecchi amici, incontratisi per caso dopo parecchi anni. Dopo baci e abbracci, la domanda di rito: “E i tuoi figli? Saranno cresciuti, ormai!”.

“Sì, certo, il maschio ha fatto l’università, si è laureato col massimo dei voti, in legge. Fa l’avvocato…”.

“Oh, bene, e se non mi sbaglio avevi anche una femmina? Che fa?”.

“Lascia perdere… Dunque, sai, il maschio ha aperto uno studio legale, il lavoro non manca, è molto quotato…”.

“Mi fa piacere. Ma la femmina?”

Nessuna risposta, con il discorso che riprendeva da dove si era interrotto:

“Il maschio, sai, ultimamente ha avuto nuovi contatti di lavoro, per via della sua professione… Sai, ci sono tanti processi…”.

“Bravissimo – fu interrotto per la terza volta – ma la femmina, che cosa fa?”.

“Senti, la femmina…”.

“Ma ti ho chiesto qualcosa che non dovevo? Eviti di parlare di tua figlia. Perché?”.

“No – rispose turbato ma in perfetto dialetto siciliano – è chi me figghia fa ’a buttana”. L’amico restò di sasso. “Mali ‘nta lingua!” pensò, ma poi riprese, per rinfrancare il padre e confortarlo, affettuosamente e tornando a pronunciare quelle frasi rispolverando il dialetto imbastardito da lunghi anni passati in Continente:

“Apposta non mi nni vulìvi parràri! Pacenza! Un lavoro vale un altro. Sempri to figghia è. La vuoi rinnegare?”.

“No, questo mai. Ma cu tanti travagghi… propriu chiddu? E’ una vergogna per noi, ’a famiglia, i parenti…”.

“Ma almenu travagghia?” fu la domanda schietta del primo.

“Ah, pi chistu non mi lamentu! Penza chi sabatu e duminica chiama puru a so matri, mi si fa dari ’na manu!”.

Capito, amici? Gestione familiare, così i soldi rimangono in casa…

NO, ragazzi… non mi chiedete il nome! C’è la privacy!     

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