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BARCELLONA RICORDA ALDO MORO…

Aldo_Moro_brUN INTERESSANTE SERVIZIO DI FRANCESCO D’AMICO, CHE REGALA UNA PAGINA DI STORIA AI LETTORI DI TERMINAL.

Il ricordo di Aldo Moro a trentott’anni dalla scomparsa è stato oggetto di un incontro promosso dalla docente e scrittrice barcellonese Patrizia Zangla, organizzato dall’associazione culturale “Mondonuovo” del giornalista messinese Giovanni Frazzica e ospitato presso la Sala Convegni dell’Oasi di Barcellona P.G. Presente l’on. Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e l’assassinio dello statista democristiano, assieme all’on. Salvatore Tramontano, ex parlamentare e ministro dei governi D’Alema, e al prof. Maurizio Ballistreri dell’Università di Messina, già deputato all’Ars e Segretario provinciale del PSI. Nell’introdurre i lavori, il sindaco di Barcellona P.G. Roberto Materia ha descritto la vicenda Moro come “un episodio che ha segnato una delle pagine più drammatiche della nostra storia, ponendo fine alla stagione del ‘compromesso storico’, che poi nessun governo è stato in grado di realizzare”, cogliendo l’occasione anche per esprimere la propria solidarietà al dott. Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi, scampato pochi giorni fa ad un agguato mafioso. Giovanni Frazzica, ex dirigente del Partito popolare, ha ricordato la drammatica giornata del 16 marzo 1978, giorno del rapimento di Moro: “Quella mattina, appresa la notizia del rapimento, io e gli altri colleghi della banca siamo andati dal direttore per chiedergli di chiudere lo sportello, minacciando lo sciopero in caso di risposta negativa”. Sempre quel giorno, ha aggiunto Frazzica, in piazza Cairoli a Messina si formò un raduno spontaneo di solidarietà che coinvolse tutte le sigle sindacali. Salvatore Cardinale (PD), appartenente un tempo alla corrente “dossettiana” della DC, si è soffermato invece sulle doti di “intellettuale di rara finezza” dell’on. Moro, unitamente ad un pragmatismo che “gli faceva guardare le cose nella loro reale portata”. La parola è passata poi alla prof.ssa Zangla, storica dei totalitarismi del Novecento e autrice di un recente volume dal titolo “A un figlio, amoroso giglio – Viaggio dagli anni Cinquanta agli anni di piombo, dalla Guerra fredda alla Jihad”. La docente ha spiegato l’excursus che l’ha portata ad imbattersi nel caso Moro: uno studio nato dall’analisi delle vicende relative alla fuga di Herbert Kappler, responsabile della strage delle Fosse Ardeatine, e che arriva a toccare in seguito i misteri che caratterizzano gli anni di piombo. “Ho avuto l’impressione di percorrere una strada e non raggiungere mai l’obiettivo” ha dichiarato Patrizia Zangla, riferendosi ai molteplici intrecci interni ed internazionali degli anni Sessanta e Settanta, attraversati da trame occulte che vedono collegati tra loro terroristi, servizi deviati italiani e stranieri, P2, la rivista OP di Mino Pecorelli, ecc., il cui nodo è alla fine rappresentato dal caso Moro, e che pongono le premesse per una “democrazia inquinata” con effetti che durano ancora oggi. Il 1974 rappresenta, per la prof.ssa Zangla, l’anno cruciale per capire la vicenda Moro, anno delle stragi di piazza della Loggia e del treno Italicus: quest’ultima, come ha rivelato la docente, aveva inizialmente per obiettivo proprio lo stesso Moro. Successivamente il prof. Ballistreri ha descritto il delitto Moro come un episodio spartiacque che presenta analogie e in qualche modo anticipa la crisi e la fine dei partiti della Prima Repubblica, avvenuta nel ’92, ricordando le parole di Saragat di fronte al cadavere di Aldo Moro fatto ritrovare in via Caetani (situata tra Piazza del Gesù, che ospitava la sede la DC, e via delle Botteghe Oscure, dove aveva sede il PCI): “Oggi muore la Prima Repubblica”. “Il terrorismo rappresenta la linea d’azione leninista della conquista rivoluzionaria del potere da parte delle masse proletarie” ha affermato il prof. Ballistreri, ricollegando idealmente l’azione del brigatismo rosso a quella antesignana dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana), attivi in Italia durante la Resistenza. Infine, il ricordo di quella che fu la linea seguita dal Partito Socialista nelle convulse settimane del sequestro Moro, ossia la linea della trattativa, contrapposta a quella della fermezza sostenuta da DC (ad eccezione di Fanfani) e PCI, i partiti del “compromesso storico”, progetto politico che lo stesso Moro aveva in programma di realizzare con Enrico Berlinguer, il quale ultimo – ha ricordato sempre Ballistreri – ne era stato l’ideatore all’indomani del golpe cileno del 1973.

A concludere il convegno, l’intervento dell’on. Fioroni, che presiede la Commissione d’inchiesta avente il compito di far luce sui misteri che circondano il caso Moro. “Ci occupiamo ancora di Moro perché la sua morte ha segnato il futuro del Paese fino ai giorni nostri – ha dichiarato Fioroni -. Egli aveva intuito la necessità di cambiare un sistema che generava forte sfiducia dei cittadini nei confronti della politica ed un grave disagio sociale. La fiducia del cittadino doveva essere recuperata attraverso la capacità di creare l’alternanza. L’impossibilità – ricorda ancora Fioroni – ha portato alla radicalizzazione della protesta che generò il terrorismo”. I piani di Aldo Moro comprendevano la realizzazione di una “democrazia integrale” che doveva servire ad evitare le degenerazioni particolaristiche e personalistiche della politica, “un dramma che viviamo anche oggi”: “L’Italia di oggi non cresce perché non ha più una bussola di riferimento”. Fioroni ha inoltre accennato all’importante contributo fornito da Moroper l’alfabetizzazione delle masse e dunque per la loro effettiva emancipazione rispetto alla politica (riforma della scuola media inferiore, lezioni televisive del maestro Manzi), e al grande merito di aver condotto, nel 1973, l’Europa nel Mediterraneo, “con l’obiettivo di trovare le ragioni di una pacifica convivenza e collaborazione” tra i Paesi dell’area. In chiusura: “Non abbiamo sconfitto il terrorismo, lo abbiamo solo ‘tombato’. Il combinato disposto tra pentitismo e dissociazione ha consentito la ricostruzione di una verità giudiziaria che non dice cose false, ma dimentica di dire tante altre verità”. Il riferimento è alla cospicua mole di deposizioni e testimonianze contraddittorie, di depistaggi che ancora oggi rendono difficile il raggiungimento di una precisa ricostruzione storica delle fasi del sequestro e dell’uccisione di Moro. Fioroni ha inoltre annunciato la recente produzione di una relazione da parte della Commissione d’inchiesta da lui presieduta, la prima, stando alle sue parole, ufficiale da quando esiste la Commissione, che dunque rappresenta un atto pubblico a tutti gli effetti.   

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