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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 10.3, a cura di Mariella Rappazzo

Dal Vangelo secondo Giovanni – Gv 3,14-21

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 10 MARZO 2024 (Gv. 3,14-21)

Nel libro dei Numeri (Antico Testamento) troviamo un bel racconto didattico ripreso poi nel Vangelo. Il popolo di Israele era appena uscito dalla schiavitù in Egitto però, lungo il cammino verso “la Terra Promessa”, trovò fame e disagio. Le gravi difficoltà spingono a rimpiangere la schiavitù passata e fomentano la ribellione verso Dio e verso Mosè che avevano dato la libertà. A questo punto scatta il castigo, cioè il popolo viene torturato da serpenti velenosi. Davanti a questa sciagura Mosè intercede presso Dio il quale ordina di forgiare un serpente di rame e di innalzarlo sopra un palo. Chi avrebbe guardato il serpente sarebbe stato salvato. (Nm. 21,4-9). Questo racconto anticipa e significa, in forma metaforica, la crocifissione di Gesù. Chiunque guarda a Lui, sul palo della croce, è salvato. In questo brano Gesù fa riferimento, non alla parte del castigo, ma alla parte della salvezza. Il “Figlio dell’Uomo” è un’espressione per indicare Gesù e significa un Uomo perfetto nell’amore e nella giustizia. Un Uomo secondo il progetto di Dio, prototipo di tutti gli individui. Chi guarda a Lui con gli occhi del cuore, chi ha aderito alla sua persona e al suo messaggio, ha la vita eterna cioè indistruttibile, già adesso. Eterna non per la quantità, ma per la qualità. Una qualità di vita pienamente umana, capace di creare relazioni rispettose e vivificanti. Chi crede nel “Figlio dell’Uomo” anche se compie errori, non è condannato. Gesù non è venuto nel mondo per condannare, giudicare, castigare… ma per salvare e dare vita. Quando ci capita di fare un errore, uno sbaglio, una caduta, il Signore non ci condanna ma ci dona una porzione di amore ancora più grande. (Cfr. Mt. 9,12). Chiede solo di convertirci, di umanizzarci. Dopodiché Gesù presenta l’antinomia tra luce e tenebre. Chi pensa solo a sé stesso e vive nella menzogna, quando incontra la Luce, gli dà fastidio e si rintana ancora di più. Chi invece, ogni giorno dà adesione a Gesù, compie azioni che comunicano vita, alleggeriscono e rallegrano l’esistenza degli altri, diventa una persona splendida, solare e quando incontra la Luce, l’accoglie. Chi vive nella giustizia e nella verità, ed ha come “abito” un atteggiamento benevolo verso gli altri, appare “chiaramente che le sue opere sono fatte in Dio”.

MARIELLA RAPPAZZO

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