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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 17.3, a cura di Mariella Rappazzo

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 17 MARZO 2024 (Gv. 12, 20-33)

Ecco un brano straordinario e ricco di spunti di riflessione. Gesù anticipa la sua morte in croce e ne parla in termini di glorificazione. I detentori del potere politico e religioso lo condanneranno a morte per tanti motivi, ma principalmente perché distruggeva i loro interessi economici. Ciò nonostante il Signore non prova sentimenti di odio o di vendetta ma esclusivamente di perdono. Così facendo dimostra di fare la volontà del Padre cioè di donare a tutti, un amore grande non per merito ma per puro dono. Gesù, come aveva fatto in altre occasioni, si serve degli elementi della natura per spiegare un concetto e paragona se stesso ad un chicco di grano. Ogni seme, grande o piccolo che sia, contiene in sé tutte le energie necessarie a far sviluppare la futura vita della pianta. Però il seme deve subire una trasformazione, deve “morire” a se stesso e diventare ciò che è in potenza, la pianta. Il chicco giunto in terra, sviluppa il germe che si lancia verso il basso con le radici e verso l’alto con la nuova pianta rigogliosa e capace di fare altri frutti e semi. Questa metafora ci fa capire che dalla morte di Gesù, scaturisce la nuova forza vitale donata a tutti gli individui che lo accolgono. Se “Il Chicco” non muore resta solo se invece muore, cioè si trasforma, produce altro frutto che siamo noi. Come la spiga attira l’attenzione per la sua bellezza che deriva dal dono del seme, allo stesso modo, la croce attira l’attenzione per la più grande bellezza, quella dell’amore. “Chi ama la propria vita la perde”. Questa espressione significa che chi è concentrato egoisticamente solo sui propri interessi è destinato a “perdere” cioè al fallimento della sua esistenza, della sua umanità. Viceversa “chi odia la propria vita” (la parola odiare possiamo tradurla con disprezzare, non preoccuparsi di perdere la reputazione ed essere rifiutato come Gesù), la salverà. Salvare la propria vita significa entrare in un’ottica di equilibrio, armonia, rispetto e ordine sia nei rapporti interpersonali che dentro di sé.

MARIELLA RAPPAZZO

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