QUESTO ARTICOLO FU SCRITTO A FEBBRAIO 2009, OTTO MESI PRIMA DEL DISASTRO DI GIAMPILIERI. AVEVAMO RACCOLTO LE TESTIMONIANZE DI UN AMICO, E ANCHE LUI SAPEVA CHE PRIMA O POI SAREBBE SUCCESSO L’IRREPARABILE. ANCORA NON ABBIAMO IMPARATO NULLA…
Non attira più la casa nel centro storico: meglio la campagna, anche se con meno servizi. Un orticello, qualche albero, il forno con il pane fatto come una volta. Vuoi mettere tu una giornata a respirare aria pura, lontano dal caos cittadino? Così ci siamo dati da fare, noi cittadini del centro, per avere la seconda casa, da raggiungere in mezz’ora e nella quale rifugiarci, prima dell’invenzione del cellulare. E se questo non prende, tranquilli, poiché c’è sempre un gestore fra i tanti che garantirà le comunicazioni e la pronta reperibilità… Basta avere più numeri. E così, addio riposino in campagna, e addio alla vita da Cincinnato, che magari molti di noi avevano sognato.
Certamente per molti cittadini l’obiettivo di una vita non è stata la seconda casa, ma la prima. Un sogno da realizzare, dopo anni di lavoro, di privazioni, stenti e sacrifici (per usare un luogo comune). Così la città si allarga. E non potendo avere spazi al mare (lì si fanno le seconde case, anzi le ville) si è costretti ad andare in collina, in terreni agricoli che non valevano una lira, ma che a seguito dell’urbanizzazione del territorio miracolosamente salgono nelle quotazioni. E meno male che qualcuno aveva il terreno dello zio o della nonna da permutare, per ristrutturare o costruire la casetta, con l’orticello, qualche alberello, il forno per fare il pane come una volta… proprio come nel sogno … Inizia il disboscamento di ettari di territori, e quando si vuole accelerare scoppiano improvvisi e furiosi incendi, che preparano le “basi” ai successivi insediamenti urbani.
Così le città si allargano, l’edilizia prende vigore, e nascono quartieri privi di infrastrutture e servizi, nei quali si è insediata una popolazione sempre maggiore. E’ l’origine di quella che, in una parola, si può chiamare “speculazione edilizia”, sorretta da una mancata programmazione o priva di una proiezione demografica, di adeguata domanda di mercato, ma basata in certi casi sul clientelismo, che nelle scadenze elettorali restituisce voti e preferenze.
Il maltempo ha evidenziato la scarsa consistenza geomorfologica del nostro territorio: lo scempio portato avanti nel corso di decenni, servito per giustificare l’espansione urbanistica e la necessità di conquistare nuovi e irrinunciabili spazi vitali all’edilizia, in assenza, come detto prima, di adeguate infrastrutture, è apparso sotto gli occhi di tutti, amplificato dai giornali locali e dai servizi televisivi.
La classe politica si è dimostrata incapace di intervenire: potrebbe semmai limitare i danni, ma non eliminare alla radice i mali ereditati da decenni di malgoverno. Ci si rende conto che l’errore principale è stato quello di avere permesso l’edificazione in zone a rischio, senza che fossero stati predisposti adeguati studi geologici, per cui adesso se ne pagano le conseguenze.
“E’ una situazione che dura da oltre trent’anni” – ci dice un residente di Giampilieri, uno dei quartieri della fascia ionica di Messina. “Pezzolo, Briga, Scaletta, Galati, Alì, Tipoldo hanno tutti la stessa conformazione geografica. Giampilieri è a rischio scomparsa – continua – poiché le colline minacciano di scendere a valle. Si tratta di un fenomeno quotidiano che si può monitorare, ma se accade all’improvviso, durante la notte, il tributo di vite umane da pagare sarà elevato”.
Qui non siamo come nel Vajont, e non c’è alcuna diga né il monte Toc. Proprio per questo è peggio. “Cosa controllare? – aggiunge il nostro interlocutore – e da dove cominciare? Le strade sono state realizzate per pura cortesia, durante le varie tornate elettorali: una striscia di asfalto su vecchie mulattiere, per permettere all’amico di turno di giungere alla propria abitazione. Su quella strada passano anche gli altri, e per i politici il gioco è fatto. Non esistono fognature, l’acqua che scende in caso di pioggia si infiltra nel terreno friabile, e il danno è quotidiano. Se passa una macchina, ne possono passare anche dieci, cento, mille. Alla faccia dei calcoli di stabilità”.
Fin qui il racconto del nostro amico. Che noi, residenti in una città di mare, non conoscevamo, ma che nei quartieri ionici di Messina tutti conoscono da decenni, anche se mai nessuno ha voluto denunciare apertamente gli abusi
A Milazzo il discorso è differente. Le abitazioni realizzate alla Manica sono a rischio. Qualche residente, bene informato, denuncia che molti proprietari di immobili non si sono adeguati ad una deliberazione del Comune e non hanno lasciato i cinque metri previsti per l’ampliamento della strada esistente. Per il Capo vale sempre la nostra proposta, al fine di evitare ulteriori speculazioni: una strada parallela a Via delle Ginestre e la lottizzazione dei terreni che si affacciano su ponente. Per i dettagli vi rimandiamo al numero di gennaio, poiché abbiamo abbondantemente scritto.
Per Messina il discorso è diverso, e non ce la sentiamo di dare una soluzione: dovremmo studiare meglio il caso, avere più dati a disposizione, ma ci potrebbe essere sempre qualcuno a dirci “Ma perché non vi fate gli affari vostri? Che ne sapete voi delle nostre cose?…”