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L’ultima canzone per MARIA NATALINI

Erano anni spensierati quelli, fatti di contestazioni e di innamoramenti, di serate piacevoli e irripetibili passate fra la Silvanetta e la Riva Smeralda, la sala delle Rose o la mitica grotta Polifemo, locali che allora erano il punto di ritrovo dei giovani di una generazione oggi sempre meno numerosa.

Erano gli anni dei Friends, dei Dawn, dei Satelliti. Erano gli anni degli Arcoraci Brother’s, di Vincenzo Italiano, dei Maestri Sciotto, Salmeri, Giovannino Russo. Mi fermo qui perché i nomi da citare sono tanti ed il rischio di ometterne qualcuno è grande. Bastava poco per divertirsi: ma tutto si faceva solo se l’orchestrina, il complesso invitava a ballare e diventava complice di tanti innamoramenti, spesso fugaci, ma qualche volta destinati a durare tutta la vita.

Attratti dai capelloni, dai nuovi gusti che si andavano imponendo, dalla voglia di apparire grandi a tutti i costi, pur di dimostrare di non dipendere dai nostri genitori e di ritenere superflue le raccomandazioni di studiare da parte dei nostri insegnanti, abbiamo vissuto spensierati, ascoltando i nostri miti, prima di frequentare le facoltà universitarie, vivere la goliardia del tempo, essere risucchiati dagli ideali politici e dalle occupazioni studentesche. O, semplicemente, restare fuori da quel mondo e buttarsi a capofitto fra i testi universitari per raggiungere la meta, la tanto agognata laurea!

Ci restano tanti ricordi di quegli anni, mai cancellati dal tempo; così come ci restano sempre uguali i volti di quei ragazzi che si esibivano nei locali che andavano alla moda. Un cantante, la batteria, l’organo Hammond o una più semplice fisarmonica, la chitarra solista, il basso… ed ecco restituiti alla memoria i vari Enzo Vento, Franco Russo, Franco Parisi, Peppe Cuzzupè, Salvatore Crisafulli, Corrado Iozzia, Pasquale Cilona, Peppe Caravello, Lillo Picciolo, Carmelo Trio, Celestino Picciolo, Nino Picciolo… tutti con più di cinquant’anni in meno, giovanissimi e idoli di un’altra generazione.

Di quegli anni rimangono, incancellabili, i ricordi dei primi amori di quei giovani musicisti. Chi, come me, si volge spesso indietro a guardare il passato, ricorda anche quella giovane coppia: un ragazzo con gli occhiali che suonava la chitarra, una ragazza che avrebbe condiviso con lui gran parte della sua vita.

Nino Picciolo aveva conosciuto Maria Natalini. Capirono subito che il loro era vero amore, quindi si sposarono, formando una coppia esemplare, stimata, con alle spalle oltre cinquant’anni di matrimonio. Per Nino, Maria è stata “l’essenza della mia vita”, così come scrive in un messaggio che mi invia a due giorni dalla improvvisa dipartita della sua sposa! Un amore eterno, una lunga storia d’amore, per restare in ambiente musicale e prendere a prestito un successo di Gino Paoli. Un amore durato una vita, caratterizzato da momenti lieti e tristi, da gioie e dolori, così come in ogni famiglia. Poi, all’improvviso, ti accorgi che si rimane soli e non puoi fare a meno di pensare ai tanti anni trascorsi assieme, ad episodi apparentemente insignificanti che magari avevi dimenticato, ai giorni belli e spensierati, quando progettavate assieme il futuro. Ed allora devi reagire perché lei, Maria Natalini, la tua sposa, la madre dei tuoi figli, è andata via per sempre.

E ritornano in mente le ultime note di una canzone, fra le tante suonate e regalate a chi scendeva in pista a ballare, o aveva una richiesta da fare… la canzone più bella, la vostra canzone, Nino. Perché sono certo che voi ne avevate una, come ognuno di noi ha la sua…

Cantala ancora una volta, e se non trovi la voce, rotta dall’emozione, dal pianto, dalla solitudine, intona le sue note con la chitarra, nel silenzio della stanza… Lo hai fatto sempre. Fallo ancora per Maria. Lei ti ascolterà, Nino, Ti abbraccio forte!

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