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MESSINA, L’INGLORIOSA FINE DEL MITICO LOCALE “LA MACINA”

Non vogliamo stare qui a scrivere frasi che in questo momento forse tutti stiamo pensando, così come non vorremmo cadere nel pericolo della retorica, del tempo che passa, del come eravamo, ma oggi ci sentiamo veramente un po’ storditi.

E’ successo che La Macina, storico locale delle nostre serate di musica e pizza degli anni 70, oggi sia stato cancellato dalle ruspe. In verità il locale era chiuso da tempo e versava in un sospettoso stato di abbandono, ma era riconfortante passarci davanti e sapere che stava sempre là, pronto persino al miracolo di una riapertura. Invece la crisi economica, le spese diventate eccessive, la impellente ingiunzione di sfratto, la scomparsa del mitico Teo Aversa hanno costretto i proprietari alla resa, dopo oltre 44 anni di attività.

Alla Macina ci aggiungiamo pure la chiusura del ritrovo Granatari, un altro luogo storico delle movida degli anni 60 e 70, distante poche centinaia di metri e sempre in una località a vocazione prettamente turistica, quasi a significare l’abbandono colpevole di quella zona al degrado.

Allora sorge spontanea una riflessione: ad uno ad uno stanno scomparendo tutti i riferimenti storici esistenti di questa città, quei luoghi fisici che la connotavano e la distinguevano creandone la peculiarità, senza peraltro averne sostituiti di nuovi, quasi a interrogarsi sul viaggio a ritroso che sta effettuando Messina. Un viaggio verso un futuro ormai improbabile, un viaggio grettamente di superficie, accompagnato però da un viaggio parallelo e simbolico in un mondo che si è metaforicamente inabissato trascinando un’epoca delle nostre vite, luoghi, amici, familiari e genitori. Non più un viaggio ma un vero e proprio naufragio che porta a compimento la fine di Messina.

Forse questo può accadere per obbligato ricambio generazionale, per cambio di mode, forse semplicemente per tipica indolenza cittadina, ma quanta tristezza nel vedere quel caseggiato “spagnoleggiante” cadere sotto il maglio delle ruspe e quel giardino di limoni sparire nella polvere bianca dell’intonaco distrutto.

Eppure, noi uomini, abbiamo bisogno di riferimenti fissi che ci possano servire da riparo al tramestio della vita, da tregua all’omogenizzazione delle mode, da conforto anche alla nostalgia, e per questo siamo soliti legare ad una strada, ad un locale, ad una piazza un valore trascendente.

I più giovani che non hanno conosciuto quella Messina “impareggiabile” non riusciranno a capire questo scritto e sorrideranno del nostro malessere, ma molti di noi, ancora oggi potrebbero fermarsi a ricordare con rabbia i tanti luoghi di Messina che sono scomparsi e quando se ne è decisa la sostituzione la si è fatta sempre in peggio.

Il mitico Select, un ritrovo dal “bisolo” ricercato, perseguito però dal personale, con la sua saletta barocca dove c’era chi poteva raccontare della sua partecipazione alla Parigi-Pechino e dei soldi fregati allo zio vescovo (Totò Orlando), chi delle prestazioni amorose scandite dal suono di campane (Duca Avarna), chi rivelava flirt con personaggi famosi (Laudini), chi offriva champagne con soldi avanzati dal barista (barone Collura). Oppure quel caffè, in fondo al viale dove tutti i camerieri vestivano rigorosamente la giacca bianca classica col farfallino nero sotto gli occhi attenti del Cav. Irrera e dove tutti i messinesi potevano dire di essersi fermati almeno una volta nella loro vita per bere un caffè…

Ecco, ora un nuovo (ennesimo) complesso residenziale sostituirà “dozzinalmente” quella “Macina”, uno dei tanti luoghi di Messina dove un tempo si faceva festa semplicemente incontrandosi, senza bisogno di darsi appuntamento, e dove molti potevano denominarsi gli innamorati della notte che la città appunto scoprivano nel silenzio della notte o nel “giardino dei limoni della Macina. Oggi, distratti dalla società del profitto che cancella tutto, anche i luoghi della memoria e che sembra voler gestire anche i sentimenti come una colossale svendita al pubblico esitiamo a riconoscere il valore delle radici e dei riferimenti che poi servono a legarci alla nostra terra e alla sua gente. Guai però a restare impassibili e peggio nascondere nel disinteresse la cancellazione di luoghi che proprio col loro fardello di uomini e di storie invece devono coinvolgerci tutti profondamente, molto più di quanto possiamo lasciare trapelare.

Addio quindi alla Macina per i morsi di luna che ci siamo mangiati nel suo giardino in riva al lago e alla vita che pur passa e lentamente va.

Eugenio Preta

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