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ALBUM DEI RICORDI: I BIGLIARDINI, I CALCIOBALILLA, I FLIPPER…

Il termine “sala giochi” è relativamente recente. Negli anni della nostra fanciullezza ed adolescenza era un locale in cui si giocava al biliardo: quello tradizionale, tanto per intenderci, con tanto di panno verde, di palle colorate e numerate, di triangolo per posizionarle prima che i giocatori, una volta ingessate per bene le punte delle stecche, si sfidassero senza esclusione di colpi.

Noi ci accontentavamo anche di un biliardo di dimensioni ridotte, poiché quelli più grandi occupavano molto più spazio, e non tutti i circoli (in questi abbiamo cominciato a tirare i primi colpi di stecca) ambivano a possederne uno. … 

Esistevano anche i bigliardini, che imparammo a chiamare calciobalilla, e che furoreggiavano anche nelle parrocchie e non solo nei locali pubblici. Avevano quattro stecche per lato, e queste potevano essere a scorrimento libero, ossia uscivano dalla parte opposta a quella nella quale il giocatore si posizionava, o telescopiche, ossia contenute in un secondo cilindro, limitando i fastidi a chi giocava dal lato opposto ed anche eventuali danni nella foga con cui si disputavano gli incontri.

Sulle quattro stecche erano fissati, undici per lato, i pupazzetti in plastica, rossi e blu, ai quali era demandato il compito di segnare il gol o di proteggere la porta; la loro disposizione non seguiva alcuno schema di gioco ma solo una logica successione fino a metà campo, con il portiere e i due terzini per difendere la porta, schierati fino al limite dell’area di rigore; quindi una terna di giocatori avversari, per cercare il tiro e realizzare il gol; e ancora un’ultima serie di cinque pupazzetti a centro campo. Di fronte a questi ultimi, ne stavano altri cinque, a contendersi la pallina all’inizio dell’incontro ed ogni volta che si segnava una rete. La pallina, di plastica dura e di colore bianco, era tirata da uno dei concorrenti, che potevano giocare singolarmente o in coppia. Subito dopo questi cinque giocatori, un’altra stecca con tre pupazzetti schierati in attacco, e a difesa i terzini e il portiere.

Per cominciare una partita si inseriva in un’apposita gettoniera una moneta, il cui importo era variabile a seconda del luogo in cui si disputavano gli incontri, e rapportato al numero di palle che uscivano, una volta sola, quando, inserita la moneta, si tirava una leva che scorreva in senso orizzontale, dalla parete del biliardino verso l’esterno. Le palline scendevano fino ad una cassetta posizionata sulla parte inferiore del calciobalilla; una fessura, larga quanto bastava per infilare la mano, permetteva di prenderne una alla volta, per cominciare la partita o riprendere il gioco quando veniva segnato il gol. La leva aveva al suo estremo una manopola nera, avvitata. Proprio questa ci suggeriva di mettere in atto uno dei tanti trucchi che avevamo escogitato per far continuare la partita all’infinito: fissare una stecca di legno, quella che rimaneva del celebre Pinguino dell’Eldorado, fra la manopola e la parete del calciobalilla. L’espediente non faceva chiudere il contenitore, sicché la pallina, una volta segnato il gol, proseguiva libera verso la buca, dalla quale la estraeva la mano agile del giocatore, rimettendola in campo per la successiva giocata! Ovviamente, questa operazione era possibile solo se il custode del bigliardo non si accorgeva di nulla, altrimenti erano guai, e anche seri! A turno ci provavamo un po’ tutti, accondiscendenti e compiacenti per una trasgressione che non consentiva avvicendamenti al bigliardino. E questo insospettiva il gestore, che a fine serata tirava le somme e trovava nella gettoniera incassi alquanto grami!

… Verso i primi anni sessanta a Milazzo sarebbe arrivata una novità, il flipper! Consisteva in un piano inclinato, coperto da un vetro e sormontato da una sorta di schermo verticale, sul quale si avvicendavano i numeri che indicavano i punti totalizzati. Ogni flipper aveva un nome, in base al gioco che proponeva. Dopo avere inserita la moneta da 50 lire, venivano fatte scorrere delle biglie d’acciaio, cinque, ed una alla volta, lanciate per mezzo di un pistone a molla. Durante la loro corsa, le biglie urtavano più o meno casualmente degli ostacoli, o finivano dentro una buca. Stava nell’abilità del giocatore manovrare lateralmente due alette a mezzo di pulsanti, per respingere le biglie ed evitare che finissero nella buca, determinando la fine del gioco, e rimandarle verso la parte alta del piano inclinato!

Durante le fasi del gioco, ogni volta che la biglia colpiva appositi funghetti luminosi, si mettevano in moto meccanismi elettrici ed elettromeccanici che producevano suoni a ripetizione, a cui si associavano anche rumori meccanici che segnavano il punteggio raggiunto.

Disputammo la nostra prima partita al flipper al Circolo Amatori, in via Madonna del Lume, all’angolo con la via del Sole. Sul marciapiede opposto, la sede delle ACLI, che in quegli anni aveva un giovane e dinamico presidente, Totò Giardina. … Con le ACLI, che aveva una formazione di calcio ed era anche affiliata al CSI, i giovani di allora potevano praticare uno sport, e proprio con le ACLI mi tesserai a 13 anni per disputare le gare di nuoto al Lido Azzurro, e soprattutto non pagare il biglietto d’ingresso!.

Al Circolo Amatori entrammo in confidenza con il signor Iozzia, papà di Corrado, cantante del complesso milazzese, I SATELLITI, ed il signor Basilicò, che del circolo erano i custodi ed avevano il compito di tenere a bada decine e decine di giovani, spesso senza alcun freno ma mai ineducati o rissosi. Data la giovanissima età, venivamo affascinati dalla maestria con cui giocavano due ragazzi più grandi di noi: Pippo Mazzù, fratello maggiore di Ferruccio e di Angelino e in seguito funzionario al Comune di Milazzo, e Matteo Abbriano, panettiere e titolare del panificio di via del Sole.

Erano quelli gli anni della media, poi arrivarono quelli del Liceo, e una partitella al flipper era il diversivo dopo una mattinata di scuola. Ci fermavamo fino a quando avevamo la disponibilità economica, per la solita partita, senza tuttavia eccedere o essere trascinati nel vortice del gioco. Spesso l’obiettivo era quello di battere il record fatto registrare da qualche giocatore più accanito, ma non più di tanto.

Con il passare del tempo, si rendeva necessario cambiare i flipper per offrire nuovi giochi, sui quali c’era sempre chi si cimentava per stabilire punteggi elevati mettendo un tetto spesso irraggiungibile. Imparammo anche due neologismi importati da oltre Oceano: Game Over, che indicava la fine delle biglie a disposizione, spesso senza riuscire a raggiungere un punteggio elevato; e un altro, sicuramente più antipatico e odioso, TILT! La partita era finita anzitempo perché avevamo esagerato a dare scossoni al flipper. E i sofisticati meccanismi avevano fatto scattare il blocco del gioco. Non abbiamo mai saputo se il TILT fosse una punizione per il giocatore che usava svariati accorgimenti per orientare il percorso della biglia d’acciaio, o una protezione per lo stesso apparecchio che poteva subire scossoni a lungo andare deleteri per i congegni dello stesso flipper!

Con il passare dei mesi e degli anni rifiutammo di spendere soldi a vuoto per un passatempo che avrebbe condizionato anche i nostri già miseri risparmi: e preferimmo dedicarci ad altro. Lo sport, la musica, ma anche la politica, visto che si stava entrando negli anni della contestazione. E, pensando di essere grandi abbastanza, anche le disavventure amorose e i primi innamoramenti…

Il flipper, da parte sua, fu ritenuto un gioco d’azzardo, e come tale soggetto a regolamentazioni e limitazioni giuridiche volte a proibirne l’uso. Iniziative repressive nei confronti di chi giocava, diciamo pure con destrezza ed abilità, oggi fanno sorridere: fu vietata la vincita di alcun genere e persino la ripetizione della partita, che spesso costituiva il premio per chi superava determinati punteggi!

Oggi il flipper è pressoché scomparso dai locali pubblici italiani, soppiantato perlopiù dai videopoker, legali in Italia dal 1995, e dalle slot machine.

Se qualcuno negli anni 60 aveva avversato i flippers, accusandoli di dare dipendenza, oggi dovrebbe sterminare i nuovi videogiochi.

Purtroppo il mondo è cambiato!

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