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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 25.2.24, a cura di Mariella RAPPAZZO

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 25 FEBBRAIO 2024 ( Mc. 9,2-10)

La settimana scorsa abbiamo visto come Gesù è stato tentato per tutta la sua vita ad accettare le ideologie di potere presenti nella società del suo tempo. I discepoli che lo attorniavano credevano di seguire un Messia trionfatore e “figlio di Davide”, capace di ripristinare l’antico potere del Regno di Israele. Non comprendevano che Lui è Figlio di Dio e che spenderà tutta la sua vita per inaugurare un Regno nuovo “non come quelli di questo mondo” (Gv 18,36). Dall’incomprensione al rifiuto… il passo è breve. Ben consapevole di questo, Gesù annuncerà per la prima volta che sarà rifiutato e ucciso (Mc.8,31-38). Dopodiché prenderà con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli più difficili perché imbevuti di ideologie mondane, e li condurrà su un “alto monte”. Questa espressione linguistica significa che cerca di metterli in sintonia con la forza vitale e amante di Dio ma, al momento, con scarso successo. Gesù si trasfigura davanti a loro e dimostra come si è dopo la Risurrezione. Cioè la piena realizzazione della persona che non finisce con la morte ma si trasforma in vita definitiva ed eterna. Ogni individuo ha la vita biologica (Bios) e la vita spirituale (Zoe); la prima finisce, la seconda no. In questa prospettiva la morte non è una distruzione ma una trasformazione della persona. La morte di Gesù non è un fallimento perché, dimostrando amore e perdono anche verso i suoi assassini, ha distrutto la potenza del male. “Le vesti di Gesù divennero splendenti”. L’abito indica la personalità e quella di Gesù è splendida perché ha amato e donato vita a tutti. Dare vita significa perdonare, valorizzare, promuovere e riconoscere dignità. Lo splendore è la risposta di Dio al suo impegno a vantaggio dell’umanità. La Trasfigurazione, pertanto, anticipa e spiega la Risurrezione che è il trionfo della Vita sulla morte. I discepoli però, hanno difficoltà a comprendere fino in fondo. Essi vivono in questo mondo e sanno che qui vince il più forte, il più furbo, il più prepotente e credono che la morte sia la fine di tutto, una sconfitta totale. Non sanno che la vera salvezza non consiste nella conservazione della vita fisica, effimera già di suo, né ottenere un trionfo mondano che verrà cancellato con la morte biologica. La vera salvezza consiste in una vita vissuta in pienezza cioè pienamente umana, buona, fraterna, solidale, rispettosa. Questo è ciò che Gesù ha insegnato: un modo nuovo di stare al mondo.

Mariella RAPPAZZO 

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