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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 5.5, a cura di Mariella Rappazzo

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 5 MAGGIO 2024 ( Gv.15,9-17) In questo brano, denso di significato, Gesù ci dà il suo unico comandamento: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Si può mai comandare di amare? Sembra utopia! Si può comandare di essere servi, di ubbidire, di stare sottomessi… ma di amare! Eppure Gesù insegna che esiste un unico comandamento, quello dell’amore, da cui dipendono i 10 di Mosè. E’ come se Gesù avesse messo il titolo all’elenco dei 10 comandamenti. Infatti se ci amiamo gli uni gli altri, non uccidiamo, ma rispettiamo la vita in tutte le sue forme. Se ci amiamo gli uni gli altri non rubiamo, non ci appropriamo di cose che non ci appartengono. Non parliamo con falsità ma con verità, e ci prendiamo cura di chi è fragile incluso i genitori. Se ci amiamo, se ci rispettiamo, non desideriamo le cose degli altri; non siamo invidiosi ma condividiamo. Anzi, ci attiviamo e rimbocchiamo le maniche affinché quello che abbiamo noi, l’abbiano anche gli altri. In greco antico la parola amore si può dire in 3 modi diversi. “Eros” indica l’amore istintivo sessuale. “Filia”, indica l’amore fraterno, l’amicizia. “Agape”, invece, è la massima espressione dell’amore con cui Dio ama le sue creature. Ebbene, qui Gesù ci chiede di praticare l’Agape, un amore assoluto che si esprime attraverso il servizio. Il comandamento è unico, le modalità di esprimerlo attraverso il servizio sono infinite. Detto questo, è opportuno fare una distinzione tra il termine servo e servitore. Il servo, sinonimo di schiavo, non ha un pensiero proprio e neppure autonomia: deve solo ubbidire agli ordini come un burattino. Il servitore invece, è colui che offre volontariamente il proprio servizio a favore degli altri e si assume la responsabilità di quello che fa. Per esempio, gli addetti alla giustizia, li chiamiamo Servitori dello Stato. Questo è il tipo di servizio che Gesù ci chiede: offrire volontariamente le proprie energie per il bene degli altri. Noi non siamo servi di Dio, non dobbiamo ubbidire a Dio! Non siamo burattini, siamo liberi! Siamo figli adottivi che imitano il Figlio Gesù nel comportamento, così come ci ricorda San Paolo. “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi” (Rm. 8,15) . Non siamo burattini, siamo persone libere e responsabili delle proprie azioni. In quanto figli rispettiamo i comandi e le direttive del Padre e, visto che ne condividiamo i principi, agiamo in autonomia e responsabilità. Se ci riteniamo ubidienti… rimaniamo nell’infantilismo religioso. Gesù per primo ha condiviso le direttive-comandi del Padre e poi si è fatto servitore di tutti dando a noi l’esempio.

MARIELLA RAPPAZZO

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