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MILAZZO, PRESENTATO IL LIBRO DEL PROF. ALBANO “ALLE PORTE DELL’ALBA”

Pubblichiamo la relazione del dr. Giuseppe Genovese, pedagogo, presentatore del libro di Giovanni Albano “Alle porte dell’alba” (ed. Kimerik). La presentazione è avvenuta venerdi 11 a palazzo D’Amico.

Il romanzo “Alle porte dell’alba“ è denso di tematiche esistenziali molto complesse: la malattia, il dolore, la sofferenza, la solitudine, il tempo che si dilata e restringe, la riflessione sul senso più profondo della vita e della morte, l’amore nella sua accezione più terrena, carnale, ma anche l’amore spirituale, etereo, incorruttibile, in un ideale, in una passione, che nel caso del protagonista della storia è la scrittura. Lo snodo narrativo è fortemente caratterizzato dalla dicotomia, dall’intreccio di vita e morte, Eros e Thanatos, custodi dei misteri più reconditi dell’umanità, testimoni della grandezza, della bellezza che si manifesta nella natura umana, ma al tempo stesso della fragilità, della fugacità dell’esistenza, di un destino beffardo che in un attimo capovolge e stravolge le sorti di un’intera vita. 

È proprio questo lo scenario che caratterizza la vita di Luca Montelli, uno scrittore di fama internazionale che, improvvisamente, si ritrova a dover affrontare una terribile malattia, che lo prova molto duramente nel fisico e nello spirito fino a fargli perdere quasi completamente l’immagine di se stesso, che lo stordisce e sfinisce continuamente, e gli fa invocare più volte la morte come estremo rimedio alla sofferenza. La malattia scava a fondo nell’animo di Luca e, nei brevi momenti di tregua, è come se gli donasse una sensibilità più acuta e profonda, raggiungibile solo a chi soffre senza conforto, con la quale si abbandona ai ricordi di un passato denso di rimpianti e tormenti, di amori evanescenti, di dolci illusioni e riflessioni intime sul proprio percorso di vita. Nel terribile declino fisico che impone la malattia, Luca trova conforto nei ricordi di una vita, unici fedeli compagni, che fanno da contraltare alla solitudine assordante della lussuosa casa in cui vive, e la scrittura, l’amore di una vita intera, quando la malattia allenta la sua morsa, si tramuta in occasione per dar voce ai sentimenti più intimi, alle debolezze, alle fragilità di un’anima inquieta e complessa, instancabile nella continua ricerca della propria libertà di espressione, trovata solamente nella perenne tensione a creare vita attraverso i personaggi e le vicende dei suoi libri, per abbracciare la propria anima, mettendola a nudo, attraverso un’indagine introspettiva tendente a far luce su una vita di successi lavorativi, ma carica di buchi emotivi e desiderosa di riconoscimento. 

Rimuginare continuamente sul passato e sui tanti errori commessi, adesso che la fine dell’esistenza si avvicina irremovibile, lascia spazio alla consapevolezza di aver vissuto sprecando il proprio tempo immergendosi in futili illusioni, in distorsioni emotive che in qualche modo non gli hanno permesso di assaporare pienamente gli affetti, di donarsi pienamente all’Amore Vero, di gettarsi senza remore in una relazione che non contempla semplicemente l’io ma il “Noi” e che tende all’elevazione di se stessi nel raggiungimento della pienezza dei sentimenti. 

L’uomo è per natura infelice, assapora semplicemente attimi di serenità e felicità, in una vita solcata dalle difficoltà e dalla sofferenza, ed i ricordi diventano fardelli insopportabili perché connessi prima al dolce tepore degli amori e dei successi, per poi ricadere rovinosamente su se stessi e trasformarsi in aculei dolorosi di rimpianti. 

Probabilmente Luca è inadeguato alla vita, sfugge ai sentimenti, li sacrifica, si contorce nel pensiero di ciò che poteva essere e non è stato. In fondo, siamo tutti inadeguati, sopportiamo il fardello di un’umanità che si riconosce solamente nel fallimento, nella fragilità, nell’incapacità di condursi in salvo, ed ognuno si arrampica, si avvinghia alla vita con gli strumenti che più conosce, prima di sprofondare nell’oscurità senza fine della morte.

Luca è un personaggio complesso, ha sicuramente commesso molti errori durante la sua vita; si ritrova adesso, nel percorso di avvicinamento alla fine terrena, solo con se stesso e la sua scrittura. Credere, però, che sia solo e semplicemente inadatto alla vita, a mio avviso, non restituisce giustizia alla profonda complessità del personaggio, e non permette di comprendere i tormenti interiori, la psiche smembrata ma comunque lucida nel pentimento, seppure costellata da voragini affettive. Il passato non si cambia, Luca lo sa bene, e rimane solo con se stesso e le sue fragilità, raccogliendo i cocci, affilati e  taglienti, di una vita non vissuta, brancolando nel buio della malattia, alla ricerca di conforto. 

Non resta che la scrittura, da sempre rimedio contro i dolori dell’esistenza per Luca, fin da quando era bambino e poi adolescente,  e faceva i conti con i primi veri grandi dolori ed i primi abbandoni. L’incapacità di amare profondamente, probabilmente, affonda le sue radici nella profonda delusione, nel tormento amoroso, nella lacerazione d’amore conosciuta per la prima volta con Bitsi, forse l’unica donna con cui intrattiene un rapporto votato non all’amore carnale, ma alla passione per la letteratura, nella sperimentazione angosciosa dell’abbandono proprio quando il sentimento amoroso sta per sbocciare, sconquassando la sua giovane anima. Scrivere di sè, con uno sguardo rivolto al passato come per redimersi, per liberarsi da un peso carico di sofferenza, donerà a Luca l’opportunità di provare a scrollarsi di dosso i tormenti del passato con un ultimo romanzo, capace anche, seppure per poco tempo, di tenere lontana la morte e di trasformare l’inesorabile scorrere del tempo in “kairós”, nell’attimo propizio, in tempo “altro” che scandisce l’esistenza e ne dilata la durata. Lasciare una traccia indelebile delle proprie emozioni appare l’unico rifugio della mente quando il corpo viene assalito dal dolore, l’unica via di fuga, l’ultima intima confessione, l’unico modo di esprimere incondizionatamente se stesso, di raccogliere i frammenti ed i resti di un amore intenso ma incompiuto per donarli a Marie, la donna amata e di cui riconosce, adesso, la grandezza.  I ricordi che si affastellano nella mente di Luca leniscono il dolore e la solitudine della malattia ma, al tempo stesso, acuiscono il tormento e la disperazione per non aver saputo dare senso alla vita, per aver sacrificato gli affetti e gli amori più cari nel tentativo di dare tutto se stesso alla letteratura e alla scrittura. Ma a quegli stessi affetti che crede di aver irrimediabilmente perduto continua a rivolgersi, in un ultimo ideale amplesso, forse nell’unica maniera che conosce e attraverso cui può far trapelare ogni singola sensazione, ogni emozione, ogni vibrazione dell’anima per farsi comprendere pienamente e, ancor di più, per esprimere tutto il suo struggente amore e potersi abbandonare alla morte, rivelatrice di una verità ardentemente desiderata ma mai conosciuta.

Si intravedono, nel tratteggio del protagonista, rimandi di Dostoevskijana memoria, della tragica condizione nichilistica dell’uomo, nel tentativo di lambirne la sua essenza più recondita, celata a chi si avvicina all’interiorità umana con leggerezza e superficialità, senza sforzarsi di accedere nei profondi e contorti meandri dell’anima.

Giuseppe Genovese

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