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Buon compleanno, FIORENZA!

IL 25 LUGLIO COMPIE GLI ANNI UNA NOSTRA AMICA. NON CHIEDETEMI QUANTI, ANCHE SE E’ FACILE INDOVINARE: SONO GLI STESSI CHE LA MAGGOR PARTE DI NOI ABBIAMO, MESE PIU’, MESE MENO… FIORENZA NON ABITA A MILAZZO, E CREDO CHE QUESTO “BUON COMPLEANNO” SIA DIVERSO DAL SOLITO: IN PRIMO LUOGO PERCHE’ SI TROVA A MILAZZO DA QUALCHE GIORNO E FESTEGGIARE NELLA CITTA’ ALLA QUALE E’ LEGATA AVRA’ UN SAPORE DIVERSO; E POI PERCHE’ TANTI LETTORI DI TERMINAL SI UNIRANNO AI MIEI AUGURI, CONOSCENDOLA, ANCHE SE LORO SONO FUORI DALLA LORO MILAZZO DA ANNI. MA ANDIAMO PER ORDINE…

Il termine TRASFERTISTA indicava chi si spostava dal luogo di residenza o nel quale era stato assunto per prestare altrove, in Italia o all’estero, la propria manodopera. I trasfertisti assieme allo stipendio ricevevano anche una speciale indennità, riconosciuta per permettere di coprire le spese derivanti dalla presenza in una città diversa dalla loro: pagare l’affitto di un alloggio, le spese di un albergo, i pasti e tutto quel che diventava indispensabile per chi doveva stare anche mesi o anni fuori dalla propria casa e della propria terra. In centinaia ne giunsero a Milazzo, anche se il loro numero non è quantificato sui registri anagrafici poiché molti non fissavano da noi la residenza. Con essi portarono moglie e figli, questi ultimi spesso piccolissimi, occupando appartamenti ammobiliati alla meno peggio. In quegli anni non si poteva pretendere molto da chi affittava una casa “ammobiliata”: spesso dei letti con relativi materassi, un armadio, un tavolo e qualche sedia; una cucina a due o tre fuochi, priva del forno, qualche pentola, i piatti, le posate. Se c’erano figli e le stanze non bastavano, si rimediava con la solita tenda che fungeva da elemento separatore fra una camera e l’altra. Chi accettava la vita del trasfertista, sapeva di dover andare incontro anche a sacrifici che alla fine avrebbero ripagato e permesso di mettere da parte qualcosa: acquistare un mezzo di trasporto, fare studiare i figli, comprare i primi elettrodomestici che avevano già cominciato ad invadere il mercato e si presentavano come indifferibili per dare tutti i comfort alle famiglie, ma anche pensare al futuro e all’immobile.

Molti dei ragazzi che venivano dal “continente” furono nostri compagni di classe, di scuola, di gioco, di infanzia, e per gli anni dell’adolescenza.

Li ricordiamo ancora oggi, a distanza di decenni. I primi in assoluto furono due sorelle, la più grande delle quali aveva un nome che non avevamo mai sentito prima dalle nostre parti: Fiorenza. Con la sorella più piccola, Marina, crebbe anche lei nella Sena, e della Sena si sente di far parte, a pieno titolo. Papà Marcello era uno dei primi lavoratori della Raffineria: abitavano sulla via Umberto I, quando arrivarono a Milazzo, e la loro casa aveva l’uscita posteriore che dava sulla Piazzetta del Pittore. Il signor Marcello partiva ogni mattina con la sua moto per raggiungere il posto di lavoro: inforcava un paio di occhiali ed il basco che aveva il compito di sostituire il casco protettivo, allora inesistente. Dopo poco tempo si trasferirono in piazza Perdichizzi, in una nuova casa accanto a quella di Franco Doddo, che viveva con la mamma, la signora Carmelina, le zie Santa e Checchina, gli zii Pippo e Umberto, i nonni, Matteo e Lucia. Fiorenza e Marina si integrarono perfettamente nella nostra comunità, appresero e fecero loro il nostro dialetto, frequentarono le scuole della nostra città, e nonostante il padre venisse trasferito spesso per motivi di lavoro, non tradirono mai l’amore per Milazzo, portando scolpiti nella memoria i nomi dei compagni di gioco e di scuola.

Marina ancora oggi vive a Milazzo, avendo sposato un nostro amico di quegli anni; Fiorenza abita da anni in provincia di Milano, da dove, quando se ne presenta l’occasione, scappa via per rifugiarsi nella casa che ha acquistato con il marito, originario del comprensorio, sul Lungomare di Ponente, e affacciarsi sul terrazzo per ammirare il mare e la spiaggia dove la mamma, la signora Duilia, donna energica e simpaticissima come tutte le emiliane, la portava da bambina per imparare a nuotare e per prendere il sole ineguagliabile della nostra Sicilia! Marcello, rimasto vedovo, si era risposato con Ina Merrina, ma da oltre trent’anni è andato via per sempre, stroncato da uno dei mali che colpiscono i lavoratori dell’industria, diventati ormai tipici della nostra città. Alla sua morte, è tornato a riposare accanto a Duilia, in una cappella di famiglia che la stessa signora Ina ha voluto costruire per loro, rimasti per sempre a Milazzo.

Fin qui la storia delle trasformazioni sociali della Milazzo di fine anni 50. Ho voluto riproporre questo capitolo tratto dal libro ALTRO GIRO ALTRA CORSA (Edizioni Lombardo), per far rivivere le… origini. Quanti anni sono passati da allora? Più di 60, ma non sembra. E noi non smettiamo mai di volgerci indietro per cercarci e ricordare come eravamo. Senza rimpianti, senza nostalgia, ma con la consapevolezza che, grandi abbastanza per capire che non tutti siamo arrivati fin qui, sulla strada che avremmo voluto percorrere assieme, abbiamo tanta voglia di andare ancora avanti, con la famiglia, i figli, i nipoti, vivendo dei nostri ricordi, inebriandoci e sorridendo, commuovendoci e asciugando qualche lacrima, pensando a chi non c’è più e ascoltare ancora qualche episodio o aneddoto sfuggitoci o cancellato dalla memoria, che ci darà la possibilità di scoprire che siamo straordinariamente vivi con i nostri anni e la nostra eterna fanciullezza.

AUGURI, FIORENZA. TI VOGLIAMO BENE! 

 

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